Chiara Di Iulio
Un’aquila. Questo è l’animale che può meglio rappresentare Chiara di Iulio, capitano della Chateaux d’Ax Urbino, fuori e dentro il campo. L’aquila infatti, è in primo luogo il simbolo della sua terra, l’ Abruzzo, a cui Chiara è molto legata e che le ha insegnato a credere in valori semplici ma importanti: “vengo da una terra semplice, di contadini, e quindi credo in quei valori semplici ma buoni che la mia famiglia mi ha trasmesso. Per esempio, sono una persona che ama le poche parole… ma che devono essere vere. Non mi piace molto parlare, preferisco fare i fatti. Inoltre, sono una persona molto legata alla mia famiglia e alla propria terra perché, essendomene andata molto presto, mi sono mancate molto”. Ma l’aquila, che per gli antichi romani era anche un simbolo di potere, forza, nobiltà e fuoco, rappresenta benissimo anche il modo di stare in campo della schiacciatrice abruzzese.
Chiara in campo, infatti, urla ad ogni punto, incita le sue compagne, gioca ogni pallone come se fosse quello della vittoria, unendo grinta e tattica in un connubio micidiale: “dentro ho un’ adrenalina grandissima che scatta subito fin dal riscaldamento ed è come se mi trasformassi”. Una giocatrice “focosa” che vede nella pittura un modo per rilassarsi e sfogarsi dopo una partita: “Nel tempo libero mi piace molto dipingere. Sono molto pigra ma la pittura mi rilassa e aiuta a sfogarmi. Quando sono un vulcano per esempio, sulle mie tele ci sono mille colori.”. Un’inclinazione verso l’arte che fa di Chiara una predestinata a giocare nella città di Raffaello anche se l’arte del maestro urbinate non si addice molto al carattere del capitano della Chateaux d’Ax “Raffaello? No, i suoi quadri sono noiosi” scherza “A me piacciono più le nature morte, e i paesaggi”. Ma Urbino ha dato davvero molto alla ventiquattrenne originaria di San Benedetto dei Marsi (AQ). “Sono contentissima di essere in questa città e in questa società, soprattutto perché mi sto divertendo molto a giocare. Per me è come una rivincita perché finalmente sono stata chiamata a prendermi delle responsabilità, a giocare in prima linea e questo mi piace davvero tanto”.
Chiara, il 24 agosto è stata infatti nominata capitano: un ruolo importante che dimostra quanta fiducia il presidente Sacchi e l’intera società ripongono in lei. Ed sono proprio la fiducia e il senso di responsabilità a tirare fuori il meglio dalla schiacciatrice abruzzese: “Negli anni passati qualcuno ha parlato di me come una promessa che però ad un certo momento sembrava essere scomparsa. Ma io non ero affatto scomparsa. Il fatto è che non ero mai stata chiamata, nel senso che non mi avevano mai dato la possibilità di esprimermi appieno. Quando mi hanno chiamato in causa, come a Pesaro o a Perugia, mi sembra di aver sempre risposto in maniera efficace. Sono stata quindi molto contenta quando mi è stata data l’ opportunità di poter giocare in prima fila come a Nocera lo scorso anno e poi ad Urbino in questa stagione”. Ed è infatti nella squadra umbra che Chiara ha mostrato appieno il suo grande potenziale siglando ben 451 punti per la sua squadra: “Un ringraziamento speciale deve andare anche a Marasciulo, che, dopo avermi allenata a Padova, per primo ha creduto in me e mi ha chiamato a Nocera dove puntavamo a vincere il titolo: ciò per me è stata una grande motivazione sia a livello personale che sportivo. Mi piace avere delle responsabilità, vivere le pressioni e sentire l’adrenalina. Per molti anni non mi hanno dato l’opportunità di emergere, ma finalmente è arrivata la mia rivincita”. Una rivincita che vuole cancellare quelle stagioni passate in panchina - troppe a dire dell’atleta – e quella mancata riconferma in nazionale pre-juniores: “Sinceramente ho passato qualche anno di troppo in panchina. Ma soprattutto mi dispiace che la nazionale italiana non abbia riproposto il nostro gruppo juniores non permettendo ad alcune atlete della mia generazione di proseguire il proprio percorso.. Io ho dalla mia ho la giovane età, ma comunque sono una ‘85 e gli anni passano per tutti. Comunque…sono sempre a disposizione per una convocazione”.
La strada per la nazionale di Chiara è iniziata per gioco nella squadra del Marruviana Volley nel 1996: “Sono nata in una famiglia di sportivi: mia madre - Gabriella de Ioris – era un’atleta professionista e ha continuato a giocare anche dopo la mia nascita; mio padre giocava invece a calcio. Però, essendo io una femmina e vivendo in un paesino di 4000 abitanti della Massica, per tradizione dovevo per forza seguire le orme di mia madre. Quindi mi sono avvicinata alla pallavolo per puro gioco. Ricordo ancora la frase che dissi a mia madre il primo giorno d’allenamento: “Io entro in palestra per farti contenta, ma se non mi piace non gioco più; mi fermo” e da lì, invece, non mi sono più fermata. Ho poi iniziato tutta la trafila delle provinciali e delle regionali per poi giungere alle nazionali". Un percorso che ha visto la giocatrice abruzzese cambiare numerose squadre, dividendosi tra A1 e A2: Vicenza, Perugia – con la quale ha vinto campionato, coppa CEV, e coppa Italia, Pesaro, Nocera Umbra e infine Urbino. La stagione con la Sirio, oltre ai grandissimi successi, ha permesso a Chiara di potersi allenare con alcune delle atlete che lei considera tra le migliori al mondo: “nella pallavolo, più vai avanti e più incassi dalle compagne, nel senso che potersi allenare con persone del calibro di Tai Aguero e Francia è sicuramente un’opportunità incredibile per crescere e maturare .Lì dovevi stare come un radar per captare tutti gli insegnamenti. E io l’ho fatto”.
Eh sì, perché nella pallavolo il solo talento non basta, e anche se i geni della madre hanno sicuramente dato una mano a questa atleta, la tecnica Chiara l’ha imparata tutta in allenamento grazie ai preziosi consigli di compagne ed allenatori: “tra tutti i coach che ho avuto ne devo ringraziare soprattutto due: Dino d’Andrea e Luca Pieragnoli, allenatore della nazionale della pre-juniores. Dino è un allenatore abruzzese che mi ha seguita il primo anno che ho giocato fuori casa in una squadra di A2. Luca, per me è stato ed è ancora, una persona molto importante: è un allenatore molto positivo, ma che sapeva essere duro nei momenti in cui doveva esserlo. Queste due persone hanno perfezionato quello che mia madre mi aveva dato con i geni. Soprattutto in ricezione per esempio Dino e Luca hanno lavorato tanto su di me, facendomi mangiare tanta tecnica”. Chiara ammette sinceramente che allenamenti di questo tipo potrebbero essere noiosi, ma senza alcun dubbio sono essenziali per poter giocare in squadre di alto livello. “Pieragnoli ci diceva sempre “se non sapete ricevere arrivano le straniere che vi tolgono il pane dalla bocca”. Anche se la tecnica è noiosa è poi quella che ti fa ottenere dei risultati e fa la differenza”. Soprattutto quando si gioca in banda e si devono fare i conti con giocatrici molto più alte: quando non ci si arriva con l’altezza, così, bisogna sopperire con la tecnica. “Noi italiane non potremmo mai essere così alte come le russe o le cubane. È nei nostri geni. Quindi se un’atleta italiana vuole giocare ai massi livelli deve ambire a qualcosa più alla sua portata, ovvero lavorare molto sulla tecnica. Quando mi chiedono quali sono i mie modelli io rispondo Aguero, o Francia, ma non posso e non voglio rapportarmi a loro. Quindi penso a giocatrici italiane come Del Core o Piccini, che non sono altissime - la Del Core è addirittura più bassa di me – ma che hanno delle grandi qualità tecniche”.
Tutto questo lavoro ha dato alla fine i suoi frutti, e ora Chiara di Iulio è una delle fautrici della sorprendente stagione della Chateaux d’Ax Urbino, che, andando contro ogni pronostico, si ritrova ora al quinto posto in classifica e nei quarti di Coppa Italia. “È vero. Siamo una vera sorpresa e stiamo facendo davvero bene. All’inizio del campionato ci davano tutti per spacciate. Siamo però riuscite a smentire tutti passo dopo passo. Qualcuno già ci pensava da tempo ma io, personalmente, ho guadagnato la fiducia partita dopo partita. Prima abbiamo vinto a Novara 3 a 0, poi perso a Jesi e con Pesaro in casa pur giocando una partita bellissima e uscendo sconfitte immeritatamente: sui giornali volevo che smettessero di palare di fortuna, causalità o estro giovanile. I risultati e le statistiche parlano chiaro ed è giusto che i giornali ci diano il giusto merito. Si può parlare di fortuna per una o due partite, ma se le statistiche di squadra sono tutte positive e i risultati ci sono, quella non è certo fortuna”. Quindi, viva Chateaux d’Ax e… tifateci!”. Ma qual è il segreto dietro a questo successo inaspettato? “La mia squadra gioca bene perché tra di noi non c’è altezzosità e nessuna voglia di prevalere sulle altre. Si lavora bene e se vogliamo continuare con questi risultati dobbiamo continuare a farlo e a giocare unite. La pallavolo infatti è il gioco di squadra per eccellenza a partire dai piccoli dettagli e dai fondamentali: se non si riceve bene, il palleggiatore non può alzare e quindi poi non si attacca. Dobbiamo ricordarci che tutte siamo necessarie ed indispensabili nei nostri ruoli”. Parole da vero capitano.
Tra le sue compagne ce n’è poi una che Chiara considera un po’ come il suo alter ego: “ha una grande grinta, urla e quando la vedo giocare è come se vedessi me in campo ”. Si tratta di Giulia Leonardi, libero dello Chateaux d’Ax Urbino: “Giulia, l’ho conosciuta a Forlì quando era il secondo libero, e sin dall’ ora l’ ho presa subito in grande simpatia. È un’atleta molto talentuosa ed è migliorata moltissimo in ricezione. La vedrei molto bene in maglia azzurra”.
Come un’aquila, infine, Chiara ama volare e scrutare, guardando lontano. E cosa vede nel futuro l’atleta abruzzese? Una scuola d’arte nella città di Raffaello? No proprio. “Subito dopo aver finito il liceo avevo iniziato giurisprudenza e quindi vorrei tornare a studiare e finire l’ università. Mi piaceva molto studiare: da piccola volevo fare addirittura il notaio. Però innanzitutto vorrei trovare un posto e una società nel quale fermarmi e trovare un po’ di tranquillità senza andare sempre alla ricerca. Solo avendo questa stabilità potrei riprendere gli studi. È qualcosa che sento mi manchi, non solo a livello personale ma anche a livello lavorativo. Avere un titolo di studio universitario infatti può aiutare nel lavoro anche se a me piacerebbe rimanere nel mondo della pallavolo. Non per allenare, però. Non mi ci vedo proprio nelle vesti di allenatrice. Mi piacerebbe aiutare da un punto di vista dirigenziale: penso che avendo giocato posso capire delle situazioni e delle problematiche che possono sfuggire a chi non è dell’ambiente, soprattutto nella gestione degli atleti. Una ex giocatrice penso che queste cose le capisca meglio e quindi con un po’ di testa..”.
Ma nel futuro più prossimo di Chiara c’è una data molto importante: il 12 giugno, giorno nel quale il capitano della Chateaux d’Ax convolerà a nozze con Gianfranco, calciatore e al suo fianco da ormai 4 anni. “Avrei voluto sposarmi prima: credo molto nei principi del matrimonio e voglio che mio figlio nasca in una famiglia stabile e solida con dei bei valori come sono cresciuta io”. Ma questo non vorrà dire chiudere con la pallavolo: “il matrimonio per me non e’ una questione di maternità ma è un legame tra me e lui; quel progetto e’ rimandato. Ho 24 anni e penso che ora, finchè si è giovani, sia il momento di fare alcuni sacrifici come ad esempio stare lontani per giocare nelle rispettive società. Ora dobbiamo seminare per poi avere dei frutti. Una volta sposati non cambierà quindi nulla: ognuno di noi giocherà per una società e ci sposteremo per poterci vedere come abbiamo fatto fino ad ora”. Chiara si sposerà nelle Marche, e non nella sua chiesa in Abruzzo: “non ho un buon rapporto con la mia parrocchia perchè mi mettevano sempre catechismo quando io dovevo andare a giocare a pallavolo e quindi non andavo mai. Ci sposeremo a Grottammare, uno dei primi posti in cui Gianfranco mi ha portato. Lì c’è una chiesetta con un bellissimo panorama di cui mi sono subito innamorata”.
Un matrimonio in arrivo, una stagione avvincente e piena di soddisfazioni: non ci resta che augurare a questa giocatrice un futuro altrettanto radioso, vissuto sempre su ali d’aquila.
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