Volley: dietro la strepitosa stagione della Imoco Volley Conegliano c'è l'anconetano Marco Gaspari
E' Marco Gaspari l'allenatore dell'anno: con lui e grazie alla sua idea di "gruppo", la Imoco Volley Conegliano ha raggiunto le semifinali scudetto ed è stata autrice di uno strepitoso campionato. Ma anche se in Veneto sta davvero "da Dio", il suo sogno più grande è allenare e vincere nelle Marche.
In un anno davvero nero per il volley femminile - con due società ritiratesi e i problemi finanziari di altre - la storia della Imoco Volley Conegliano sembra quasi una favola. Costruita con giocatrici giovani e affidata al coach più giovane del campionato, le aspettative delle pantere di quest'anno si fermavano alla salvezza. E invece, Calloni e compagne non solo si sono qualificate alle finali play off ai danni della super potenza di Busto Arsizio, ma hanno saputo tenere a testa alla più quotata Piacenza per ben 3 partite.
Dietro questa bellissima favola non c'è la bacchetta di un mago, bensì la mano e il "metodo" di un ragazzo di trent'anni di Ancona:Marco Gaspari. Marco è cresciuto pallavolisticamente nella nostra regione passando per San Severino, Civitanova e Jesi e si è fatto strada fino ad approdare come secondo allenatore - a fianco del suo mentore Nesic - a Conegliano. Nel 2013 è finalmente arrivato il suo momento quando il patron della Imoco gli ha affidato le sue pantere. Dopo un avvio un po' a rilento, il metodo di Marco ha avuto i suoi effetti e i risultati sono arrivati. Ma qual è questo metodo? "Quello che per me conta di più è il gruppo" - spiega - " in una squadra non esistono 12 giocatrici, ma un solo unico gruppo che deve lavorare insieme. Se devo attribuirmi un merito è proprio quello di aver saputo trasmettere alle mie ragazze questo senso di appartenenza e della giusta mentalità per non mollare mai. Ma il merito va anche a loro che hanno saputo cogliere le mie indicazioni e a metterle in pratica nei momenti importanti".
Proprio come è successo in gara 3 dei play off contro Piacenza, una partita che Conegliano si è andata a gudagnare in casa dell'avversario: "quella partita è sicuramente il più bel ricordo che mi porterò di queste finali. Sul 2 a 0 Nikolova, il nostro opposto, si è rotta il dito e da lì abbiamo dovuto davvero improvvisare. Quella partita le mie ragazze l'hanno vinta più con il cuore che con la tecnica e ciò dimostra l'unità e la forza del gruppo".
Un gruppo che sicuramente Marco ha saputo gestire al meglio, sia nei momenti positivi che quelli negativi: "la storia dello spritz dopo gara 2 ha fatto ormai il giro della rete, ma nessuno ne hai mai colto il vero spirito. Venivamo da due sconfitte al tie-break, sempre dopo aver condotto la partita per 2 a 0. Alle mie giocatrici serviva resettare la testa e ripartire da zero e quindi quell'aperitivo l'abbiamo fatto per farle rilassare e per non farle soffermare troppo sui due risultati negativi". E difatti, in gara tre è arrivata una bella vittoria.
La passione di Marco per la pallavolo deriva da molto lontano e fa parte quasi del suo DNA "da quando ero dentro la pancia e mia madre seguiva mio padre, arbitro professionista, in giro per i palazzetti. Ma io non farei mai l'arbitro. Perché? Innanzitutto perché non reggerei nemmeno un minuto agli insulti che inevitabilmente ti arrivano dalle panchine o dal pubblico, e poi perché la mia maniera di intendere la pallavolo è assai diversa: a me piace viverlo questo sport e a far capire agli altri come farlo".
E sempre per una questione di DNA, la passione di Marco per il volley è legata in maniera indissolubile alla sua terra, alle Marche ed ad Ancona: "Sfortunatamente al momento nelle Marche non ci sono grandi sponsor che sposino la causa del nostro sport e questo è un vero peccato perché la pallavolo vanta una grande trazione in questa regione. Spero che qualche grande imprenditore si innamori di questo sport e investa su di esso, anche perché noi marchigiani siamo persone serie, dedite al lavoro e figure simili farebbero bene all'intero movimento. In fondo, il mio sogno è quello di poter allenare e vincere con una squadra marchigiana.... meglio ancora se fosse una società di Ancona".
Dietro questa bellissima favola non c'è la bacchetta di un mago, bensì la mano e il "metodo" di un ragazzo di trent'anni di Ancona:Marco Gaspari. Marco è cresciuto pallavolisticamente nella nostra regione passando per San Severino, Civitanova e Jesi e si è fatto strada fino ad approdare come secondo allenatore - a fianco del suo mentore Nesic - a Conegliano. Nel 2013 è finalmente arrivato il suo momento quando il patron della Imoco gli ha affidato le sue pantere. Dopo un avvio un po' a rilento, il metodo di Marco ha avuto i suoi effetti e i risultati sono arrivati. Ma qual è questo metodo? "Quello che per me conta di più è il gruppo" - spiega - " in una squadra non esistono 12 giocatrici, ma un solo unico gruppo che deve lavorare insieme. Se devo attribuirmi un merito è proprio quello di aver saputo trasmettere alle mie ragazze questo senso di appartenenza e della giusta mentalità per non mollare mai. Ma il merito va anche a loro che hanno saputo cogliere le mie indicazioni e a metterle in pratica nei momenti importanti".
Proprio come è successo in gara 3 dei play off contro Piacenza, una partita che Conegliano si è andata a gudagnare in casa dell'avversario: "quella partita è sicuramente il più bel ricordo che mi porterò di queste finali. Sul 2 a 0 Nikolova, il nostro opposto, si è rotta il dito e da lì abbiamo dovuto davvero improvvisare. Quella partita le mie ragazze l'hanno vinta più con il cuore che con la tecnica e ciò dimostra l'unità e la forza del gruppo".
Un gruppo che sicuramente Marco ha saputo gestire al meglio, sia nei momenti positivi che quelli negativi: "la storia dello spritz dopo gara 2 ha fatto ormai il giro della rete, ma nessuno ne hai mai colto il vero spirito. Venivamo da due sconfitte al tie-break, sempre dopo aver condotto la partita per 2 a 0. Alle mie giocatrici serviva resettare la testa e ripartire da zero e quindi quell'aperitivo l'abbiamo fatto per farle rilassare e per non farle soffermare troppo sui due risultati negativi". E difatti, in gara tre è arrivata una bella vittoria.
La passione di Marco per la pallavolo deriva da molto lontano e fa parte quasi del suo DNA "da quando ero dentro la pancia e mia madre seguiva mio padre, arbitro professionista, in giro per i palazzetti. Ma io non farei mai l'arbitro. Perché? Innanzitutto perché non reggerei nemmeno un minuto agli insulti che inevitabilmente ti arrivano dalle panchine o dal pubblico, e poi perché la mia maniera di intendere la pallavolo è assai diversa: a me piace viverlo questo sport e a far capire agli altri come farlo".
E sempre per una questione di DNA, la passione di Marco per il volley è legata in maniera indissolubile alla sua terra, alle Marche ed ad Ancona: "Sfortunatamente al momento nelle Marche non ci sono grandi sponsor che sposino la causa del nostro sport e questo è un vero peccato perché la pallavolo vanta una grande trazione in questa regione. Spero che qualche grande imprenditore si innamori di questo sport e investa su di esso, anche perché noi marchigiani siamo persone serie, dedite al lavoro e figure simili farebbero bene all'intero movimento. In fondo, il mio sogno è quello di poter allenare e vincere con una squadra marchigiana.... meglio ancora se fosse una società di Ancona".
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