Elitsa Vasileva


LA RICERCA DELLA FELICITÁ

Nel nuovo calendario griffato Foppapedretti, Elitsa viene ritratta avvolta negli abiti di cuoio nero di Mia Wallace nella celeberrima locandina di Pulp Fiction: sguardo ammiccante, caschetto nero, tacchi alti e pistola d'ordinanza. Ma quanto c'è di Elitsa in Mia? “La scelta del film è stata della società ma io ho accettato di buon grado perché il film mi piace, l'ho visto e sono una grande fan di Quentin Tarantino. Inoltre, diciamo che mi ci ritrovo nel personaggio perché a volte anche io sono un po' “pazza” come Mia”. Ma non è Pulp Fiction il film preferito della giovane schiacciatrice bulgara, ne' tanto meno quello che meglio la rappresenta. Parlando con Elitsa, infatti, non esistono quei “silenzi che mettono a disagio” tanto cari al personaggio di Tarantino. Al contrario, la giocatrice orobica ama parlare della sua carriera e di sé senza lasciare silenzi e senza nascondere quelle che sono le sue debolezze. Proprio come Chris Gardner, il protagonista di “La ricerca della Felicità”, il suo film preferito con il quale condivide lo spirito di fondo. Il film parla, infatti, della voglia di non arrendersi di fronte alle difficoltà, della gioia di vivere, della positività e della volontà di portare a termine quello che si inizia, nonostante le difficoltà e le delusioni. E Etsi – come la chiamano tutti - è proprio così: “sono una ragazza positiva, non mollo mai e soprattutto, quando faccio una cosa la faccio fino in fondo; tutti dicono che in campo sono sempre molto sorridente, ed è vero: cerco di aiutare le mie compagne e le persone che mi stanno accanto anche attraverso il sorriso”. Quando quel 6 giugno, la Foppapedretti Bergamo ha vinto il suo ottavo scudetto, tra le tante lacrime, le urla e i flash il suo sorriso era quello più bello e più contagioso.

E i motivi per sorridere erano davvero tanti. La schiacciatrice bulgara era infatti risultata determinante per quel successo, quando entrata in campo dalla panchina, ha messo a terra 13 punti che hanno portato la sua squadra alla vittoria: “sinceramente non mi rendevo conto di quello che era successo neanche una settimana dopo. In quella partita sono entrata dalla panchina e una volta in campo pensavo solo a fare bene le cose anche nei momenti di difficoltà; quando sbagliavo la battuta, o magari il mio attacco non andava o la ricezione non era buona, non pensavo mai all'errore ma a quello che dovevo fare. II mio unico pensiero quando sono andata in battuta sul match point era quello di vincere quella partita, senza pensare allo scudetto: prima di tutto, dovevamo vincere quel match per poter sollevare il trofeo. Certo, non sono stata io da sola a far girare la partita: abbiamo giocato di squadra e abbiamo disputato una grande prova.” La prova della giovane atleta è stata talmente convincente che l'anno dopo, non solo Elitsa è stata riconfermata, ma è anche diventata un cardine importante nell'attacco orobico in questa stagione. Come direbbe Gardner nel film, questa fase la potremmo chiamare quella della “presa di coscienza”. “Perché avrei dovuto cambiare? Qui a Bergamo mi trovo benissimo e fino ad ora non ho mai incontrato una società così bella nella quale stare. Davide (Mazzanti), inoltre, mi ha aiutata tantissimo a migliorare in tutti i fondamentali e nei vari aspetti del mio gioco. Auguro a tutte le giocatrici di poter passare di qua perché è un'esperienza umana e professionale davvero bella. Tutto è più che perfetto. Sapevo che questa seconda stagione con la maglia della Foppapedretti sarebbe stata diversa perché l'anno scorso non avevo tutte queste responsabilità. All'inizio, sinceramente, questa nuova realtà mi pesava un po' ed ero un po' preoccupata. Un mio grande difetto infatti è quello di avere poca fiducia in me stessa e quindi questa pressione non era facile da sostenere. Tutte le persone che mi sono vicine, però, mi hanno detto di vivere al meglio questa situazione perché se la società e l'allenatore si fidavano così tanto di me voleva dire che mi meritavo questa fiducia e che dovevo sentirmi bene ed esserne orgogliosa. Quindi, piano piano ho cambiato anche la mia mentalità in campo: cerco di essere più serena, pensare in maniera positiva e di essere un punto di riferimento per le mie compagne”.

E pensare che pochi mesi prima del passaggio a Bergamo, Elitsa Vasileva aveva messo a segno 28 punti proprio contro la Foppapedretti portando Perugia alla inaspettata vittoria in gara uno dei quarti di finale dei play off. “Quella partita, che abbiamo vinto per 3 a 2 è stata una partita bellissima perché nessuno si aspettava certo che riuscissimo a vincere quella gara e quando la vittoria arriva in maniera inaspettata è anche più bella”. Correva l'anno 2010 e la stagione con la maglia del Perugia è stata una vera e propria consacrazione per l'atleta di Dupnitsa che, partendo spesso dalla panchina, ha saputo ritagliarsi il suo posto in squadra fino a diventarne una risorsa davvero importante. Questa parte della sua vita potrebbe chiamarsi “la crescita”: “sinceramente, avevo paura di andare a giocare in una squadra così titolata e dalla storia così importante; per fortuna avevo al mio fianco Antonina Zetova! Averla con me in squadra mi ha aiutato a fare questa scelta di passare a Perugia perché sapevo che mi avrebbe aiutato molto stare al suo fianco e che avrei avuto possibilità di imparare molto da una giocatrice che ha tantissima esperienza nel mondo della pallavolo. A lei devo tante cose per come sono diventata come giocatrice, in quanto guardare allenarsi una che va a terra per tutte le palle, che si impegna durante gli allenamenti come in una partita, mi ha aiutato a crescere anche mentalmente e tecnicamente tanto poi da poter ritagliarmi spazio in quella squadra”.

In casa Sirio, Elitsa arrivava comunque con un buon bagaglio sulle spalle, maturato nella A2 italiana e soprattutto nella nazionale bulgara, dove viene convocata al primo anno da professionista nel VC CSKA Sofia e con la quale vince un argento e un bronzo all'European League: “nel 2005 ero appena passata alla pallavolo professionista che mi hanno subito convocato in nazionale. Stare in campo con giocatrici molto più brave di me e poterle osservare è stato sicuramente un grande vantaggio per me perché ho potuto imparare molto sul piano tecnico e mentale. Inoltre, quella convocazione è stata cruciale per la mia carriera, perché proprio in nazionale ho conosciuto il mio procuratore: ho firmato il contratto con lui e dopo neanche un anno e mezzo sono arrivata a Cremona. La maggior parte delle mie compagne di nazionale giocavano all'estero e alcune in Italia: parlando con loro sono così venuta a conoscenza del campionato italiano e soprattutto mi hanno dato consigli su come “sopravvivere” lontano da casa. Allontanarsi da casa a 17 anni infatti non è mai facile, e effettivamente è stato un po' uno shock all'inizio. Ero piccola e quindi il mio procuratore ha parlato molto con la mia famiglia. I miei mi dicevano di provare e nel caso non andasse bene potevo sempre tornare in Bulgaria. Ma per me questo discorso proprio non andava: quando faccio una cosa la faccio fino alla fine e soprattutto nel miglior modo possibile. Sono fatta così. Sono quindi arrivata a Cremona già sapendo che non sarei mai tornata a casa senza provarci fino in fondo o senza riuscirci. Con la lingua all'inizio è stata davvero dura, perché ero l'unica straniera in squadra che non parlava l'italiano e quindi il mio allenatore mi spingeva moltissimo affinché lo imparassi il prima possibile. Inoltre, io volevo poter parlare con le miei compagne perché per me il poter comunicare con chi mi sta accanto è davvero importante, non solo in campo ma anche nella vita. Quindi tutti mi spingevano molto e io mi sono data da fare il più possibile per imparare velocemente e bene”. Parlando con lei, si direbbe che quelle difficoltà e quella fase che potremo chiamare “i primi passi”, sono ormai solo un lontano ricordo.

Come lo è la pallacanestro, lo sport che Elitsa praticava e che ha abbandonato per dedicarsi solo alla pallavolo: “ho scoperto questo sport a 13 anni; sinceramente io non volevo iniziare a giocare a pallavolo perché in quel momento stavo già giocando a basket come mia sorella Ralitsa. In più mi piaceva molto questo sport. Tuttavia, alcuni allenatori di volley mi avevano notata e mi avevano detto che avevo il fisico adatto per la pallavolo in quanto ero molto magra e alta: mi hanno così chiesto di provare la pallavolo. Anche i miei genitori erano convinti di questo passaggio e mi ripetevano che se non mi fosse piaciuto avrei sempre potuto ritornare al basket. Solo che ho iniziato e... non ho più smesso. Si è visto subito che potevo diventare brava e così è stato. In quel momento il mio fisico era proprio adatto a questo sport e i miglioramenti si sono visti subito a differenza del basket dove non riuscivo ad esplodere: mi mancava sempre qualcosa, mentre nella pallavolo riuscivo davvero bene in tutti fondamentali e miglioravo a vista d'occhio. Ricordo che ero subito andata a giocare in una squadra forte, senza però saper effettivamente giocare. Così all'inizio sono stata un mese a muro a fare bagher e palleggi mentre le altre mie compagne erano già in campo per il sei contro sei. Erano più grandi e io dovevo imparare tutto: i movimenti della schiacciata, della difesa. Dopo un anno però ero in campo e l'anno successivo sono arrivata nella serie A bulgara”. Come definire questa fase? Io direi “la giusta scelta”.

Eh sì, perché è stato proprio grazie a questa decisione se Elitsa è arrivata qui in Italia, in un paese che considera già come sua “seconda casa” di cui le piace davvero tutto e di cui “l'unico difetto, se vogliamo, è che è troppo lontano da casa. Della Bulgaria mi manca solo tanto la mia famiglia, per il resto sono abituata a cambiare. Ma gli affetti famigliari sono quelle cose che mi mancano di più”. La famiglia è un valore davvero importante per l'atleta bulgara, esattamente come nel caso del protagonista del film di Muccino. E come nel caso di Gardner, anche Elitsa è consapevole che “se hai un sogno tu lo devi proteggere. Quando le persone non sanno fare qualcosa lo dicono a te che non la sai fare. Se vuoi qualcosa, vai e inseguila. Punto”. E quale è il sogno di questa giovanissima giocatrice? “ Il campionato di quest'anno è davvero imprevedibile ed è difficile capire quali squadre possano avere la meglio. Ma io quest'anno voglio vincere tutto il possibile. Punto solo a questo”. E anche se Bergamo è appena uscita dalla Coppa Italia, di premi da conquistare ce ne sono ancora tanti nel futuro di questa giocatrice. In fondo, come conclude Garder, “ la felicità è qualcosa che possiamo solo inseguire”.

L'articolo originale è pubblicato sul numero di Febbraio 2012 di Pallavoliamo.
La foto di testata è di Luigi Di Fiore ed è pubblicata sul numero di febbraio 2012 di Pallavoliamo.

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