Arinna Errigo: uno Tsun-Ari in pedana


Se si prova a chiederle amicizia su Facebook, il sistema dirà che ha già troppi amici e non può accettarne altri; se la si segue su Twitter, si sarà in compagnia di altre 2.666 persone; ha un suo sito web (www.ariannaerrigo.it/) e ultimamente la vogliono tutti sia in televisione che nei giornali. Dopo quell'argento conquistato ai danni di Valentina Vezzali e quel duello all'ultima stoccata perso nella finale contro Elisa Di Francisca, Arianna Errigo ha davvero conquistato tutti con quel modo di fare e di combattere tutto istinto e velocità. Non a caso, nell'ambiente della scherma è conosciuta con il soprannome di “Tsunami”: “in realtà ora è “TsunAri” - l'unione tra lo Tsunami e Arianna - e deriva dal fatto che il mio modo di fare scherma è molto aggressivo; sono una persona poco paziente e quindi difficilmente aspetto l'errore del mio avversario. Preferisco di gran lunga attaccare e per questo la mia scherma è un po' più movimentata rispetto allo standard”. Ma come è cambiata la vita di Arianna da quel 28 luglio 2012 quando alle Olimpiadi di Londra si è aggiudicata la medaglia di argento nel fioretto individuale? “Le vittorie ci sono state anche in passato, ma le Olimpiadi hanno avuto una risonanza maggiore. Come è cambiata la mia vita? Per esempio ora la gente mi riconosce quando mi incontra per strada: a me fa un po' strano, a dirla tutta, ma questa notorietà improvvisa non mi ha cambiato in niente, nel senso che la vivo in modo normale come è giusto che sia. In un certo senso però mi fa piacere perché serve a promuovere il mio sport e a farmi conoscere come persona. Ma finisce qui: non mi fa montare la testa”. Un po' come il suo modello Valentino Rossi: “è un personaggio mediatico ma non ostenta mai. Un fenomeno!”. Neanche la televisione è riuscita infatti a cambiarla: “Non è la mia priorità e sinceramente non mi ci trovo nemmeno tanto a mio agio perché non sono abituata. La nuova attenzione che mi stanno riservando la stampa e la televisione Ia vivo bene: sono esperienze totalmente nuove per me e quindi anche divertenti perché molto differenti da quello che faccio. Le prime volte davanti alla telecamera, in verità, ero tutt'altro che tranquilla, soprattutto quando sapevo di essere in diretta: avevo paura di sbagliare oppure di “impappinarmi”. Quando mi dicevano la data dell'intervista televisiva già iniziavo ad avere paura come quando devo andare dal dentista”. 

L'ultima immagine che ho della vice campionessa olimpica è quella di un'atleta amareggiata per aver mancato di un soffio l'oro olimpico, ma allo stesso tempo di grande determinazione nel volersi rifare subito: “sicuramente l'argento ancora pesa e peserà ancora per tanti anni. Non ho rivisto il video dell'incontro, ma l'ultima stoccata ce l'ho ben impressa nella mia mente anche perché la mia era una scelta giusta; la mia avversaria doveva solo aspettare che io sbagliassi e quindi è stato un doppio peccato non portare a casa la vittoria. Certo è una medaglia d'argento olimpica e va rispettata perché ha un grandissimo valore, ma ho perso l'oro e questo dispiace per forza. Il nostro è uno sport individuale e la priorità assoluta di ogni atleta è sicuramente la prova di singolare: è quindi normale che io ci tenessi a fare bene. Inoltre il mio sogno è stato sempre quello di vincere un oro e la consapevolezza di esserci andata così vicino e di averlo mancato per un soffio lascia un po' l'amaro in bocca. Si può e voglio assolutamente migliorare in futuro. Poi siamo state brave a vincere l' oro olimpico di squadra che è certamente un grandissimo risultato”. Il 2 agosto infatti Arianna si ritrova in pedana per la prova a squadre proprio a fianco di Elisa che pochi giorni prima aveva infranto il suo sogno. Una dura legge quella della scherma che pur essendo uno sport individuale, lascia spazio anche alla prova di gruppo: “nel nostro sport capita, come alle Olimpiadi, di dover sfidare in singolare quelle che saranno le tue compagne di squadra pochi giorni dopo; si passa così dallo “scannarsi” a farsi il tifo a vicenda. La scherma di squadra è comunque molto diversa da quella individuale. Infatti, il fatto di avere dei componenti forti a livello individuale non vuol dire automaticamente essere una squadra forte, tant'è che l'Italia, pur avendo sempre avuto individualisti forti non aveva mai vinto molto in gruppo. Si innescano infatti dei meccanismi diversi. Noi, avendo degli obiettivi comuni - quello di vincere e di sostenerci - siamo state brave a trovare il giusto affiatamento. Per non parlare del fatto che abbiamo tutte delle caratteristiche schermistiche diverse: siamo forti perché riusciamo a compensarci a vicenda”. E per rafforzare questo spirito di gruppo, le ragazze della scherma hanno inventato un piccolo stratagemma: “un balletto che abbiamo fatto ai mondiali ed è un modo divertente per fare squadra: nell'ambito individuale troviamo pochi momenti per stare insieme e divertirci e quindi piccoli gesti come questi ci aiutano ad essere più unite”. 

Ma tra la prova individuale e quella a squadre, Arianna non ha dubbi su quale sia la sua preferita: lei è un'individualista pura ed è proprio per questo che all'età di sei anni decise di scegliere la scherma sulla pallavolo, uno sport che ama e che appena può cerca comunque di praticare: “quando ho dovuto scegliere tra i due sport ho preferito la scherma sulla pallavolo proprio per il suo aspetto più individuale: mi è sempre piaciuto vedermela da sola senza farmi aiutare da nessuno e pensare che se andava bene o andava male dipendeva sempre e solo da me”. Un mondo, quello della scherma, fatto di tanto intuito e velocità che ben si coniuga con il carattere di Arianna: “sono una ragazza determinata e perfezionista soprattutto quando si tratta del mio sport. Nella scherma ci vuole tanto istinto: non si lotta contro il tempo ma contro un avversario che bisogna saper cogliere alla sprovvista anche anticipandone i movimenti e gli schemi. Per quel che mi riguarda i miei punti di forza sono proprio la varietà di colpi - con i quali riesco a spiazzare gli avversari – e il mio ritmo d'attacco molto elevato. Mi piace anche inventare delle cose diverse mentre combatto...diciamo che sono un po' un artista in pedana”. 

Certo che di tempo ne è passato quando all'età di sei anni la mamma l'ha portata per la prima volta in palestra: “in realtà a casa mia nessuno aveva fatto scherma prima. Mia sorella giocava già a pallavolo e io stavo seguendo le sue orme. Poi un giorno, guardando le Olimpiadi, mia madre si è innamorata della scherma e mi ha proposto di provarci. Io di carattere sono una che non si tira mai indietro e mostra sempre entusiasmo verso le novità e verso gli sport. Arrivai così al Club Scherma Monza senza sapere neppure cosa fosse la scherma e da lì iniziò la mia carriera. All'inizio mi sembrava tutto strano: non ero certo una ragazza fissata con le armi o con le spade e quindi potete immaginare come sia stata la mia reazione davanti a tutto quell'arsenale. Ma nel momento in cui ci hanno messo in pedana mi sono subito divertita: il dover colpire e non farsi colpire con quel fioretto di plastica era una cosa che mi piaceva davvero tanto e mi prendeva davvero molto. Per questo ho dei ricordi bellissimi di quei primi giorni in palestra e del mio primo maestro Giuseppe Davidde che mi ha dato le basi di questo sport. La prima cosa che ho imparato è stato come mettere bene i piedi nella posizione di guardia - che diciamo non è proprio una posizione naturale”. Dopo aver imparato la giusta postura e i giusti ritmi, Arianna ha finalmente preso parte alla prima gara della sua carriera: il “Trofeo Topolino” che alla sua XII edizione ha visto l'esordio della futura campionessa: “era un trofeo dove c'era un torneo di scherma assieme ad una miriade di altri giochi di abilità. Io ero disperata perché nelle prove con le palline e gli ostacoli non ero andata per niente bene e non le volevo assolutamente fare; quando mi hanno messo il fioretto in mano, però, mi sono subito ripesa e alla fine sono arrivata terza”. 

Un amore, quello verso il fioretto, che Arianna ci spiega così: “si inizia sempre con il fioretto perché è la base di tutto: dal fioretto puoi passare a fare sia la spada che la sciabola, ma non viceversa. Da piccola in realtà avevo fatto anche delle prove di spada vincendo persino i campionati mondiali. Ma quello che mi ha spinto di più verso quest'arma è stato il fatto di avere davanti grandissime campionesse come Vezzali e Trillini: nel fioretto ero spronata a fare meglio e per questo mi divertivo anche di più, anche se in realtà, la sciabola, per il suo ritmo elevato, si adatterebbe meglio al mio stile. Molti mi dicono di cambiare arma, ma ancora nel fioretto non ho raggiunto quello che voglio e continuerò quindi ad impegnarmi”. L'obiettivo della ventiquattrenne di Monza è senza alcun dubbio quello dell'oro olimpico ed è per questo che nei suoi pensieri c'è già Rio 2016: “la sconfitta di Londra 2012 é e deve essere un punto di partenza. Sono giovane e sono solo quattro anni che faccio parte degli Assoluti quindi ovviamente ho ampio margine di miglioramento. Poi, prima di Rio ho tante altre gare che mi aiuteranno a crescere: anche se sono già salita a podio sia ai Mondiali che agli Europei vorrei ripetermi e confermarmi. Il fattore età inoltre è tutto a mio favore: nel nostro sport si raggiunge la maturità fisica e mentale ai 28 anni in quanto si mette insieme un bagaglio tecnico e tattico maggiore, due fattori chiave nel nostro sport. Sono quindi contenta che a Rio arriverò più a meno a quell'età. Sicuramente punterò a dare il meglio di me, anche se ho ancora molto da migliorare! L' aspetto mentale è davvero un elemento fondamentale in questo sport e quello in cui io pecco maggiormente: per diventare forti bisogna prima prendere delle “batoste” e io sinceramente ho bruciato un po' le tappe pur di essere a Londra e vincere qualcosa. Non volevo infatti aspettare e non mi interessava che molti dicessero che io ero ancora giovane. Il mio difetto maggiore è quello di non voler cambiare il mio modo di combattere quando l'assalto non va come avevo previsto. Come dice bene il mio tecnico, io non voglio semplicemente vincere; voglio vincere a modo mio”. 

Una testardaggine che però le ha già fatto vincere nel 2009, al primo anno tra gli Assoluti la Coppa del Mondo: “è proprio a questo evento che è legato il mio ricordo più bello: partivo dalla 117 posizione – ero l'ultima degli ultimi in poche parole - e sono riuscita ad impormi a soli 21 anni. In quell'occasione ho vinto proprio la classifica totale facendo un balzo fino alla prima posizione”. Non male per una che dice di non andare troppo d'accordo con gli allenamenti o con le diete ferree tipiche degli atleti. Arianna in fondo è uno tsunami non solo in pedana ma anche nella vita, con le sue molte passioni (surfare, ballare, pattinare, dipingere e mangiare), la sua determinazione e il suo entusiasmo verso il suo sport e la vita. Tenetevi pronti: nel futuro della scherma lo “TsunAri” continuerà a colpire forte a suon di stoccate e con la determinazione di una grande campionessa. 

L'articolo originale è pubblicato sul numero di settembre 2012 di Pallavoliamo.it

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