Jenna Hagglund: i mestieri del volley
http://www.pallavoliamo.it/rivista-on-line/i-mestieri-del-volley/
Cinque anni in Europa, cinque squadre
diverse in altrettanti Paesi differenti e fino a questo momento,
quello in Italia é stato l'adattamento più facile. Sarà la forza
dell'abitudine, ma anche perché la cultura italiana é bellissima ed
immergermi in essa é davvero divertente: le persone sono
accoglienti, piene di vita e di passione. Senza contare che poi
l'appartamento che mi hanno assegnato é un amore e questo
sicuramente ha reso ogni cosa più semplice dato che mi sono sentita
da subito come a casa. L'unica cosa che continuo a non capire é:
quando devo fare benzina da sola e quando invece c'è qualcuno che lo
fa per te? Rimane ancora un mistero! Ma spero di risolvere presto
questo problema: sto prendendo delle lezioni d'italiano e anche se
non sono proprio un asso, inizio a capire qualcosa.
Sono una persona molto curiosa e quindi mi piace imparare sempre qualche aspetto dalle differenti culture che la pallavolo mi ha dato modo di conoscere. Certo, di differenze ce ne sono tante, ma ci sono anche tante somiglianze. Proprio come nella pallavolo. Amo poter osservare la libertà negli stili, nella tecnica e nella struttura di gioco: non c'è un solo modo di giocare ed intendere la pallavolo e neppure una sola maniera di vincere. L'ho potuto vedere in ogni squadra per cui ho giocato, incluso Busto.
Che dire del mio nuovo club? L'organizzazione qui é davvero professionale e le persone che vi lavorano si dedicano completamente alla loro professione e si prendono cura di noi giocatrici. Mi ritengo davvero fortunata a farne parte. Ho sempre seguito le sorti della Unendo Yamamay e sapevo che era un posto speciale nel quale giocare. Essere qui conferma la mia grande stima verso questo club. Al momento siamo all'ottavo posto della classifica: penso che siamo un buon gruppo che lavora sodo e che vuole fare bene, due caratteristiche fondamentali per arrivare in alto. Certo, ci sono ancora aspetti che possiamo migliorare ma é bello sapere di avere dei margini di miglioramento e vedere poi le differenze.
E sono consapevole che questo miglioramento dovrà passare anche attraverso le mie mani. L'alzatrice, di fatti, é una pedina fondamentale in una squadra in quanto il suo ruolo lo rende un fattore unificante: connette la difesa con l'attacco, il primo e il terzo tocco, e, infine, anche tutte le compagne in quanto ha in mano il gioco e lo controlla. Per questo, secondo me, l'alzatrice deve essere innanzitutto affidabile: io personalmente voglio infondere fiducia e fare crescere la sicurezza delle mie compagne. So che le mie scelte di gioco e la mia palla influenzeranno tutte le giocatrici intorno a me; il che significa che se sono costante durante tutte le fasi della partita – sia nei momenti positivi che in quelli negativi – la mia squadra avrà più fiducia nei momenti di difficoltà. L'alzatrice deve infatti guidare la propria squadra con ogni mezzo – vocale, diretto o qualsiasi esso sia; deve essere la persona che lavora di più in palestra: io, per esempio, voglio essere sempre la prima ad arrivare e l'ultima ad uscire e dedico molto impegno a definire i dettagli per far sì che ogni minima azione sia importante. Infine, un'alzatrice deve essere “tosta”: deve saper accettare tanto feedback - buono o cattivo che sia – e usarlo al meglio. Io personalmente penso di avere tutte queste qualità, ma ogni giorno lavoro per migliorarle sempre di più.
Penso che questo ruolo mi si addica anche se devo ammetterlo, ho così tanta energia che a volte penso di essere un' opposto mancata! Infatti, in realtà, all'inizio giocavo in banda e e per vari anni anche da opposta. Come sono finita ad alzare? E' stato davvero un caso! Ero al primo anno di scuola superiore e durante la pre-season la nostra alzatrice titolare si è rotta il legamento crociato anteriore; così di punto in bianco, il mio allenatore Tracey Kornau si è girato verso di me e mi ha detto: “farai l'alzatrice”. Ero letteralmente pietrificata. Così ho ricoperto questo ruolo per tutta la stagione della high school e ho fatto persino un buon lavoro. La lezione che ho imparato quel fatidico giorno è stata: agisci come se sapessi esattamente ciò che stai facendo e ci riuscirai. Mi sono divertita ad essere il “cervello” della squadra e a toccare il pallone ad ogni singola azione, ma nel profondo del mio cuore, mi considero ancora una schiacciatrice. Infatti, quando mi è capitato di farlo, ho sempre giocato al meglio; così dopo aver ricoperto il ruolo per una stagione perché non c'era un'altra opzione, i miei allenatori mi fecero sedere e mi dissero guardandomi dritto negli occhi “Jenna, pensiamo che tu debba essere un'alzatrice. Sei atletica, intelligente, una buona leader e hai un tocco naturale” e, francamente, non avevo neppure l'altezza giusta per giocare in banda. Ci ho messo un po' ad elaborare le cosa, ma alla fine ho deciso di accettare questa ruolo e … il tempo ha confermato che è stata un'ottima idea!
La pallavolo ha sempre fatto parte della mia vita. Ho iniziato quando ero alle scuole elementari nel doposcuola, ma quando ero ancora più piccola seguivo sempre mio padre che giocava a pallavolo con una squadra amatoriale. Durante le pause cercavo sempre di giocare con lui mentre durante le partite palleggiavo sempre a muro: è stato probabilmente questo il primo assaggio di pallavolo e, cosa più importante, per me era un grande divertimento. Il passo successivo? La squadra della parrocchia del mio quartiere che poi mi ha permesso di entrare nella formazione della scuola superiore (a dodici anni circa) dove tutto è iniziato a farsi più serio ed importante per me. Ricordo che mi piaceva imparare sempre nuove cose e cercare di essere atletica. Inoltre, sono stata sempre molto competitiva: così nel momento in cui iniziai ad acquisire sempre maggiori capacità e a mettere in pratica le indicazioni dei miei allenatori e dalle mie compagne di squadra, tutto ha iniziato ad essere sempre più eccitante. Senza contare il fatto che grazie alla pallavolo ero riuscita a farmi tanti nuovi amici: la pallavolo è uno sport che si basa su dinamiche di gruppo davvero speciali, e io adoravo tutte quelle urla di incitamento che caratterizzavano le nostre partite. Sono diventata una giocatrice a 14 anni....ma solo perché non avevano una squadra di calcio che era il mio sport preferito.
Colpa di mio fratello minore, Nick. Gioca come professionista per una squadra di calcio canadese (il Toronto FC). L'ho visto crescere e la maniera in cui si è affermato come professionista e come uomo è davvero incredibile: lo ammiro molto. Quando è in campo gioca sempre con grande passione e con un senso di libertà che prendo come esempio. Assieme a Karch Kiraly, l'allenatore della squadra nazionale statunitense, sono delle vere superstar per me, non solo perché sono dei “grandi” dello sport, ma soprattutto perché sono delle persone straordinarie.
Durante la mia carriera ci sono state tante persone che mi hanno aiutato nella mia formazione sportiva ma, e soprattutto, nella mia crescita umana: si sono prese cura di me al di là delle semplici statistiche di gioco o delle mie abilità e ho quindi assorbito delle qualità da ciascuno di loro che ogni giorno cerco di emulare. Parlo per esempio di mio padre, che è stato uno dei miei primi allenatori; anche ora che probabilmente ho superato le sue conoscenze, mi ha innescato la passione per questo gioco e continua ad insegnarmi a essere un buon leader, una buona compagna di squadra e una motivatrice. Poi, ci sono stati Ron Mahlerwen e Lisa Schaad a cui devo tutta la mia forza mentale e tecnica: è grazie a loro che ho imparato a essere così competitiva in campo. Durante la scuola superiore, sotto la guida di Tracey Kornau ho imparato ad adattarmi ad ogni situazione in campo; il mio allenatore del college, Jim McLaughlin, mi ha invece insegnato ad essere un'alzatrice: in quattro anni ho imparato tantissimo grazie a lui. E naturalmente, essere allenata da coach Karch è stato speciale, non solo per lui ma anche per tutto lo staff che segue la nazionale statunitense a partire da Tom Black che segue noi alzatrici.
È grazie a ciascuno di loro se sono la giocatrice che sono e se sono riuscita ad adattarmi al meglio alle richieste della nazionale. Di fatti, negli Stati Uniti, c'è molta competizione in allenamento e molta più specificità nella maniera di affrontarli, come per quel che riguarda la comunicazione tra noi giocatrici e nel costruire la squadra. Essere parte di questo gruppo è stato da sempre un mio obiettivo, come quello di giocare le Olimpiadi. Lo so, può suonare molto americano, ma sono orgogliosa della mia nazione e mi ritengo fortunata di avere le libertà e le opportunità che ho avuto. Così quando lotto per il mio Paese, anche se su un campo da gioco, e per tutte quelle giocatrici che si possono ispirare a me, mi sento viva, motivata e fortunata. Sarebbe quindi un onore poter giocare alle Olimpiadi di Rio quest'estate e ho intenzione di fare del mio meglio non solo per arrivare lì …. ma per vincere una medaglia d'oro.
Sono una persona molto curiosa e quindi mi piace imparare sempre qualche aspetto dalle differenti culture che la pallavolo mi ha dato modo di conoscere. Certo, di differenze ce ne sono tante, ma ci sono anche tante somiglianze. Proprio come nella pallavolo. Amo poter osservare la libertà negli stili, nella tecnica e nella struttura di gioco: non c'è un solo modo di giocare ed intendere la pallavolo e neppure una sola maniera di vincere. L'ho potuto vedere in ogni squadra per cui ho giocato, incluso Busto.
Che dire del mio nuovo club? L'organizzazione qui é davvero professionale e le persone che vi lavorano si dedicano completamente alla loro professione e si prendono cura di noi giocatrici. Mi ritengo davvero fortunata a farne parte. Ho sempre seguito le sorti della Unendo Yamamay e sapevo che era un posto speciale nel quale giocare. Essere qui conferma la mia grande stima verso questo club. Al momento siamo all'ottavo posto della classifica: penso che siamo un buon gruppo che lavora sodo e che vuole fare bene, due caratteristiche fondamentali per arrivare in alto. Certo, ci sono ancora aspetti che possiamo migliorare ma é bello sapere di avere dei margini di miglioramento e vedere poi le differenze.
E sono consapevole che questo miglioramento dovrà passare anche attraverso le mie mani. L'alzatrice, di fatti, é una pedina fondamentale in una squadra in quanto il suo ruolo lo rende un fattore unificante: connette la difesa con l'attacco, il primo e il terzo tocco, e, infine, anche tutte le compagne in quanto ha in mano il gioco e lo controlla. Per questo, secondo me, l'alzatrice deve essere innanzitutto affidabile: io personalmente voglio infondere fiducia e fare crescere la sicurezza delle mie compagne. So che le mie scelte di gioco e la mia palla influenzeranno tutte le giocatrici intorno a me; il che significa che se sono costante durante tutte le fasi della partita – sia nei momenti positivi che in quelli negativi – la mia squadra avrà più fiducia nei momenti di difficoltà. L'alzatrice deve infatti guidare la propria squadra con ogni mezzo – vocale, diretto o qualsiasi esso sia; deve essere la persona che lavora di più in palestra: io, per esempio, voglio essere sempre la prima ad arrivare e l'ultima ad uscire e dedico molto impegno a definire i dettagli per far sì che ogni minima azione sia importante. Infine, un'alzatrice deve essere “tosta”: deve saper accettare tanto feedback - buono o cattivo che sia – e usarlo al meglio. Io personalmente penso di avere tutte queste qualità, ma ogni giorno lavoro per migliorarle sempre di più.
Penso che questo ruolo mi si addica anche se devo ammetterlo, ho così tanta energia che a volte penso di essere un' opposto mancata! Infatti, in realtà, all'inizio giocavo in banda e e per vari anni anche da opposta. Come sono finita ad alzare? E' stato davvero un caso! Ero al primo anno di scuola superiore e durante la pre-season la nostra alzatrice titolare si è rotta il legamento crociato anteriore; così di punto in bianco, il mio allenatore Tracey Kornau si è girato verso di me e mi ha detto: “farai l'alzatrice”. Ero letteralmente pietrificata. Così ho ricoperto questo ruolo per tutta la stagione della high school e ho fatto persino un buon lavoro. La lezione che ho imparato quel fatidico giorno è stata: agisci come se sapessi esattamente ciò che stai facendo e ci riuscirai. Mi sono divertita ad essere il “cervello” della squadra e a toccare il pallone ad ogni singola azione, ma nel profondo del mio cuore, mi considero ancora una schiacciatrice. Infatti, quando mi è capitato di farlo, ho sempre giocato al meglio; così dopo aver ricoperto il ruolo per una stagione perché non c'era un'altra opzione, i miei allenatori mi fecero sedere e mi dissero guardandomi dritto negli occhi “Jenna, pensiamo che tu debba essere un'alzatrice. Sei atletica, intelligente, una buona leader e hai un tocco naturale” e, francamente, non avevo neppure l'altezza giusta per giocare in banda. Ci ho messo un po' ad elaborare le cosa, ma alla fine ho deciso di accettare questa ruolo e … il tempo ha confermato che è stata un'ottima idea!
La pallavolo ha sempre fatto parte della mia vita. Ho iniziato quando ero alle scuole elementari nel doposcuola, ma quando ero ancora più piccola seguivo sempre mio padre che giocava a pallavolo con una squadra amatoriale. Durante le pause cercavo sempre di giocare con lui mentre durante le partite palleggiavo sempre a muro: è stato probabilmente questo il primo assaggio di pallavolo e, cosa più importante, per me era un grande divertimento. Il passo successivo? La squadra della parrocchia del mio quartiere che poi mi ha permesso di entrare nella formazione della scuola superiore (a dodici anni circa) dove tutto è iniziato a farsi più serio ed importante per me. Ricordo che mi piaceva imparare sempre nuove cose e cercare di essere atletica. Inoltre, sono stata sempre molto competitiva: così nel momento in cui iniziai ad acquisire sempre maggiori capacità e a mettere in pratica le indicazioni dei miei allenatori e dalle mie compagne di squadra, tutto ha iniziato ad essere sempre più eccitante. Senza contare il fatto che grazie alla pallavolo ero riuscita a farmi tanti nuovi amici: la pallavolo è uno sport che si basa su dinamiche di gruppo davvero speciali, e io adoravo tutte quelle urla di incitamento che caratterizzavano le nostre partite. Sono diventata una giocatrice a 14 anni....ma solo perché non avevano una squadra di calcio che era il mio sport preferito.
Colpa di mio fratello minore, Nick. Gioca come professionista per una squadra di calcio canadese (il Toronto FC). L'ho visto crescere e la maniera in cui si è affermato come professionista e come uomo è davvero incredibile: lo ammiro molto. Quando è in campo gioca sempre con grande passione e con un senso di libertà che prendo come esempio. Assieme a Karch Kiraly, l'allenatore della squadra nazionale statunitense, sono delle vere superstar per me, non solo perché sono dei “grandi” dello sport, ma soprattutto perché sono delle persone straordinarie.
Durante la mia carriera ci sono state tante persone che mi hanno aiutato nella mia formazione sportiva ma, e soprattutto, nella mia crescita umana: si sono prese cura di me al di là delle semplici statistiche di gioco o delle mie abilità e ho quindi assorbito delle qualità da ciascuno di loro che ogni giorno cerco di emulare. Parlo per esempio di mio padre, che è stato uno dei miei primi allenatori; anche ora che probabilmente ho superato le sue conoscenze, mi ha innescato la passione per questo gioco e continua ad insegnarmi a essere un buon leader, una buona compagna di squadra e una motivatrice. Poi, ci sono stati Ron Mahlerwen e Lisa Schaad a cui devo tutta la mia forza mentale e tecnica: è grazie a loro che ho imparato a essere così competitiva in campo. Durante la scuola superiore, sotto la guida di Tracey Kornau ho imparato ad adattarmi ad ogni situazione in campo; il mio allenatore del college, Jim McLaughlin, mi ha invece insegnato ad essere un'alzatrice: in quattro anni ho imparato tantissimo grazie a lui. E naturalmente, essere allenata da coach Karch è stato speciale, non solo per lui ma anche per tutto lo staff che segue la nazionale statunitense a partire da Tom Black che segue noi alzatrici.
È grazie a ciascuno di loro se sono la giocatrice che sono e se sono riuscita ad adattarmi al meglio alle richieste della nazionale. Di fatti, negli Stati Uniti, c'è molta competizione in allenamento e molta più specificità nella maniera di affrontarli, come per quel che riguarda la comunicazione tra noi giocatrici e nel costruire la squadra. Essere parte di questo gruppo è stato da sempre un mio obiettivo, come quello di giocare le Olimpiadi. Lo so, può suonare molto americano, ma sono orgogliosa della mia nazione e mi ritengo fortunata di avere le libertà e le opportunità che ho avuto. Così quando lotto per il mio Paese, anche se su un campo da gioco, e per tutte quelle giocatrici che si possono ispirare a me, mi sento viva, motivata e fortunata. Sarebbe quindi un onore poter giocare alle Olimpiadi di Rio quest'estate e ho intenzione di fare del mio meglio non solo per arrivare lì …. ma per vincere una medaglia d'oro.
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