I mestieri del volley: Isabella Agostinelli


Cosa significa per me scrivere di sport? Facile: unire le mie più grandi passioni, lo sport in tutte le sue molteplici forme, discipline e manifestazioni e lo scrivere, che da alcuni anni è diventato per me una specie di necessità viscerale.

Lo sport ha da sempre ricoperto un ruolo fondamentale nella mia vita sin dalla più tenera età quando mio padre mi portava quasi ancora in fasce a vedere le partite della Scavolini basket. Ho poi praticato un'infinità di sport: dal softball al tennis, dal judo alla danza, fino ad arrivare al volley all'età di 12 anni. Una sportiva su tutta la linea!

Per quel che riguarda lo scrivere, invece, tutto è nato un po' per errore e per necessità. Nel 2006 mi trovavo infatti negli Stati Uniti grazie ad una prestigiosa borsa di studio, la Fulbright. Io ero lì per insegnare italiano ai studenti universitari, ma ci veniva offerta anche la possibilità di seguire dei corsi presso l'università. Ma quali corsi scegliere? Dopo cinque anni di Lingue e Letterature straniere, l'ultima cosa che volevo era ritornare a studiare autori inglesi o spagnoli. Quello che volevo era migliorare il mio inglese scritto in modo da poterlo sfruttare una volta tornata in Italia. Ho così adocchiato il corso base di giornalismo: in fondo, scrivere mi è sempre piaciuto e una volta avevo anche scritto un pezzo dopo la qualificazione della squadra di volley nella quale giocavo per la Reading University in Inghilterra. Mai avrei potuto pensare che quel piccolo compromesso mi avrebbe aperto un nuovo mondo e avrebbe fatto nascere in me una nuova passione. A dover di cronaca, posso dire che i primi articoli furono un vero e proprio...disastro. Non potrò mai dimenticare quel foglio completamente ricoperto di circoli, croci e frecce di color rosso e quella F (una sola lettera per indicare un FALLIMENTO totale) che spiccava in fondo alla pagina. Ma io non mi sono data per vinta, e così ho iniziato a dare letteralmente il tormento al mio professore e a scrivere e riscrivere fino allo sfinimento gli articoli che ci dava come esercizi per casa. Nel giro di un mese, quella F si è trasformata in una dignitosa C per poi diventare una B. Ma la soddisfazione più grande è arrivata quando il mio professore mi ha chiesto di entrare a far parte della redazione del giornale, il Bonaventure e io non mi sono fatta sfuggire l'occasione! Alla domanda di quale settore mi volevo occupare, non ho avuto esitazioni: sport. Ed è così che è iniziata la mia “carriera”. Il mio primo articolo è stato su Katelyn Murray, guardia della squadra femminile di basket della Saint Bonaventure University. Un successone, tanto che da “the Italian girl”che non sapeva scrivere, in classe ora tutti mi volevano nel loro gruppo. Ho scritto poi vari articoli sulla squadra di tennis, di volley, di lacrosse....e persino di baseball pur non conoscendo le regole. Avevo trovato la mia vocazione: per un'amante dello sport come lo sono io, parlare con i giocatori, seguire le partite e rievocare le emozioni di una partita sulla pagina di un giornale era un sogno diventato realtà. Devo quindi ringraziare il mio prof “Pat” Vecchio e il mio Dean Coppola per aver creduto in me e per avermi dato la possibilità di scoprire questa bellissima professione!

Una volta ritornata in Italia, ho fatto di tutto pur di poter seguire questa nuova e grande passione e ho iniziato a collaborare con alcuni giornali locali per i quali scrivevo un po' di tutto, dalla cronaca allo sport, dal gossip agli spettacoli. Vivendo vicino a Pesaro, il basket è stata una tappa obbligatoria nella mia formazione professionale, ma con la pallavolo è stato amore a prima vista.

Ricordo ancora il momento preciso nel quale ho deciso che il volley sarebbe diventato il mio mondo. Una mia amica mi ha proposto un giorno di andare a vedere con lei una partita della Scavolini. Io ero un po' riluttante: a causa di un infortunio avevo dovuto smettere di giocare e solo l'idea di dover vedere una partita mi riempiva gli occhi di lacrime. Ma alla fine ho ceduto. Quando sono uscita dal palazzetto quel giorno il mio cuore era in un turbinio d'emozioni: volevo piangere, urlare, festeggiare (la Scavolini aveva appena vinto con Novara e aveva guadagnato l'accesso alle finali scudetto che poi avrebbe vinto). E' stato lì che ho capito che non potevo fare a meno di questo bellissimo sport. Ho chiesto quindi subito al direttore del giornale per il quale scrivevo di poter seguire le finali di pallavolo: da quel giorno in poi la Scavolini è diventata per me come una seconda famiglia.

Lo ammetto, sono una grande tifosa della squadra della mia città, ma quando scrivo metto da parte tutte le simpatie personali e mi calo nei panni di un'osservatrice imparziale. E' una sfida che dà un tocco in più a questo mestiere: spesso, quando rileggo il mio pezzo trovo a domandarmi “ma non sarà troppo di parte questa espressione?”, o “avrò scritto troppe volte il nome di Guiggi e Ferretti?”. Da qui, il passo a Pallavoliamo è stato breve, anzi brevissimo. E' bastato che sfogliassi i primi tre numeri della rivista per capire che era il magazine giusto per me. Ho mandato il mio curriculum e poche settimane dopo mi sono ritrovata a scrivere un pezzo su Carmen Turlea. Come per il giornale americano, anche in questo caso ho dovuto aggiustare un po' il mio scrivere. Diciamo che i miei primi pezzi, come li ha definiti Gigi, erano troppo “accademici”. E aveva ragione. Con il tempo, e con l'esperienza, e seguendo soprattutto le indicazioni di Marty, ho imparato a metterci qualcosa di me, delle mie sensazioni, del mio essere “fan” di alcune delle giocatrici. Scrivere di pallavolo su Pallavoliamo, va infatti oltre al semplice resoconto del match: vuol dire fare innamorare i nostri lettori di questo bellissimo sport, far trapelare le emozioni che le giocatrici provano mentre ci raccontano i loro primi passi sul campo di gioco, le loro vittorie più importanti o le sconfitte più dolenti. Da quel lontano agosto del 2009 di articoli ne ho scritti tanti e ho perso il conto della giocatrici che ho intervistato. Una però la ricordo con particolare affetto, anche se non si tratta di un'atleta. La più bella intervista è stata infatti quella con la madre di Carolina Costagrande mentre in autobus stavamo andando ad assistere alla finale scudetto contro Villa Cortese. Ascoltare “Mamma Carol” raccontare aneddoti sull'infanzia di sua figlia, non solo ha catturato l'attenzione di tutto l'autobus – cosa difficile vista la quantità di cibo che viaggiava su e giù lungo il corridoio – ma mi ha fatto venire l'idea della rubrica “Cuore di Mamma”.

Ma non sempre son tutte rose e fiori. Capita anche che qualche giocatrice risponda a monosillabi alle tue domande, o che le informazioni che hai ottenuto da Facebook, Twitter o qualsiasi altra risorsa online non siano proprio esatte...insomma, di imprevisti nel giornalismo ce ne sono davvero tanti. Senza contare il fatto che io sono una persona davvero timida. É così capitato che davanti a delle giocatrici fossi talmente agitata da non riuscire ad articolare le frasi o che non mi ricordassi più le domande da fare. Eh sì, alle interviste io mi presento solo dopo aver studiato per filo e per segno vita morte e miracoli della giocatrice in questione. Lo ammetto: sono un po' una “secchiona”, ma mi piace essere preparata. Per esempio, intervistando Desi Wilson, mi ero studiata per bene alcune usanze hawaiane per poterle fare delle domande precise a proposito e così trovare aneddoti curiosi da poter inserire nell'articolo. Dicevo della mia timidezza: il giornalismo mi ha sicuramente aiutato a vincerla un po', ma ogni tanto questo mio lato meno “disinvolto” ha la meglio. Provate quindi ad immaginare come sia stato difficile per Gigi riuscire a scattarmi le foto che vedete in questo servizio! In realtà, una volta preso il via, mi sono divertita tantissimo, ma i primi scatti sono stati davvero difficili da sostenere. Mi trovo meglio di fronte ad una telecamera, dove non devo mettermi troppo in posa. Pensate che qualche anno fa avevo addirittura fatto un provino per le selezioni di “Donnavventura” un programma che abbina al viaggio avventuroso anche una parte più “giornalistica” e mediatica.

Diciamo che ho ancora molto lavoro da fare a questo proposito, come d'altronde sento di dover ancora migliorare il mio stile di scrittura. L'aver poi collaborato con il Resto del Carlino di Ancona mi sta sicuramente aiutando tanto, ma io sono una persona che difficilmente si accontenta. Per questo sto iniziando a studiare per diventare una giornalista a tutti gli effetti – ora ho solo il tesserino da pubblicista – e soprattutto per scrivere articoli all'altezza di alcuni campioni che un giorno mi piacerebbe intervistare. Uno su tutti è Rafael Nadal, il mio tennista preferita e, diciamola tutta, il mio uomo ideale. Alcuni anni fa ho avuto l'occasione di assistere una sua conferenza stampa agli Internazionali di Tennis di Roma, ma all'epoca non mi sentivo pronta e soprattutto non ero preparata a fargli delle domande intelligenti – l'unica che mi veniva in mente in quel momento era “quieres casarte conmigo”?, ma non ho avuto proprio il coraggio di farla. Per quanto riguarda il volley, invece, mi piacerebbe intervistare Lucia Bosetti, una delle mie giocatrici preferite, e chi sa se quest'anno non sia la volta buona. Di Lucia ammiro tantissimo la grinta, le sue capacità tecniche, la sua intelligenza tattica e la sua umiltà: non penso si semplice entrare dalla panchina e cambiare le sorti di una partita come spesso è riuscita fare lei.

Quando non scrivo o non penso allo sport, amo viaggiare e andare al cinema. Per rimanere in tema di sogni, la meta dei miei desideri è l'Australia, magari con una tavola da surf caricata su quei pulmini colorati stile “Un Mercoledì da Leoni”. Da brava romanticona quale sono, prediligo le commedie romantiche e i musical: al momento, per esempio, sono super impegnata a vedere e rivedere le puntate di “Glee” la mia serie televisiva preferita che in quanto a musica e romanticismo non mi delude mai! Infine leggo tantissimo, preferibilmente in inglese, e qui i miei gusti variano dai saggi storici alle commedie stile “Il Diavolo Veste Prada”, dai “diari” di guerra ai romanzi storici conditi di fantasia di Ken Follet. Una vera e propria divoratrice di pagine stampate! Ma nonostante abbia letto tutti i libri della serie “I Love Shopping”, devo dire la verità, non sono un'amante delle spese pazze. A un pantalone griffato preferisco un libro, un viaggio o una partita a volley. In fondo, per farvi innamorare di questo sport, io devo usare le parole.

L'articolo originale è pubblicato sul numero di settembre 2011 di Pallavoliamo nella rubrica I mestieri del Volley. La foto di Luigi Fiore è pubblicata sul numero di settembre 2011 di Pallavoliamo.

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