Lettera a Francesca Marcon
Cara Francesca,
anche se per tutti sei Cisky, per me sei e sarai sempre la mia Francy. Da poco più di un mese hai lasciato la tua Conegliano per Busto Arsizio. È la prima volta che lasci la tua città e penso proprio che questi primi tempi da sola, non siano stati semplici. Già immagino quanta bresaola ed insalatone ti sei mangiata! Eh, già, non ti piace molto cucinare e fino a che eri qui a Conegliano, a mezzogiorno trovavi sempre il pranzo pronto. A Busto hai comunque trovato una seconda famiglia e per questo sono più tranquilla. Sai, anche per me questo primo allontanamento è stato duro… e sì, lo devo ammettere: qualche lacrima l’ho versata, soprattutto perchè hai qualche problema fisico, e lo sai, io sono sempre un po’ apprensiva. Ma sappi che sono contenta di questa tua decisione: volevi metterti alla prova e trovare nuovi stimoli e spero che questa tua nuova avventura possa darti grandi soddisfazioni.
Sì… perché anche se vederti partire è stato molto triste per me, la tua carriera pallavolistica mi ha regalato tantissime emozioni. Da dove iniziare? Il premio come miglior ricevitrice lo scorso anno, le varie promozioni e soprattutto la convocazione in nazionale. Mi ricordo ancora quando un venerdì sera di giugno mi ha chiamato Giovanni, il presidente delle Spes che mi ha chiesto dove fossi perché non riusciva a contattarti. Io gli ho spiegato che come al solito avevi il cellulare silenzioso e quando gli ho chiesto perché ti stava cercando lui mi ha domandato se avevi progetti per il fine settimana. Un po’ sospettosa gli ho risposto che sicuramente saresti andata al mare. Quando mi ha detto “ah, allora posso dire a quelli della nazionale che Francy non può accettare” non volevo credere alle mie orecchie. Ho sentito come un brivido: era una gioia troppo grande sapere che avresti indossato la maglia azzurra. Vederti scendere in campo sulle note dell’inno di Mameli a Montreaux e ai Giochi del Mediterraneo è stata un’emozione unica.
Ma a dirla tutta per me è sempre un’emozione vederti scendere in campo. Sono la tua tifosa numero uno e ci sarà pure un motivo perché a casa tutti mi prendono in giro dicendomi che in campo vedo solo te! Questo perché, a dire il vero, non conosco benissimo le regole della pallavolo e quindi qualche trattenuta o invasione mi sfuggono. Pensa che qualche volta mi capita di chiedere alla mia vicina perché l’arbitro ha fischiato! D'altronde, con cinque figli, mi sono sempre occupata della casa e poco della pallavolo. Ora però sto imparando e so anche “decifrare” i tabellini: a me piace sapere come hai giocato e quindi li studio attentamente. Però non posso dire di essere un’esperta e quindi non mi permetto di farti troppe critiche: diciamo che le mie sono più delle osservazioni. Prima di ogni partita mi dico sempre “speriamo bene”, perché so che spesso non sei al top della forma e che in campo vorresti fare sempre di più, soprattutto in attacco.
La pallavolo è stata sempre una tua priorità e una grande passione. Anche quando facevi nuoto in realtà il tuo pensiero era sempre rivolto al pallone. Ti ricordi di quella palla di spugna con la quale giocavi sempre dentro casa? Un giorno hai persino rotto un quadro e io mi arrabbiai tantissimo. Ma tu ogni volta tornavi e ti rimettevi a giocare e non c’era verso di farti cambiare idea. Alle bambole hai sempre preferito quel pallone di spugna! Quando hai iniziato a trovare tante scuse per non andare più agli allenamenti dell’agonismo, avevo capito che la tua strada sarebbe stata sui campi da volley. E così è stato.
Io e tuo padre ti abbiamo sempre appoggiata in questa tua scelta anche perché il tuo entusiasmo era tale da rendere impossibile qualsiasi resistenza. Quando hai iniziato a giocare, pur allenandoti a poco più di 300 metri da casa, partivi sempre con un’ora d’anticipo. I custodi oramai ti avevano come adottato e mi dicevano che eri sempre la prima ad arrivare. Una cosa che ti porti ancora dietro e che coinvolge anche me!
Siamo tutte e due molto apprensive e questo voler essere prime forse rispecchia un po’ questo nostro carattere. Mi rendo conto di averti trasmesso io stessa questo stato d’animo sin da piccola in quel tuo essere super protettiva con tuo fratello gemello Michele. Mi ricordo che quando lui giocava a calcio nel campetto dietro casa tu lo accompagnavi ad attraversare la strada perché avevi sempre paura che gli accadesse qualcosa. E per me è lo stesso con te. Ci tengo a sentirti spesso al telefono e sapere che va tutto bene! In questo modo mi sembra di averti sempre vicino. Proprio come quando dalla Russia mi chiamavi anche quattro volte al giorno!
Come me sei timida e qualche volta fai fatica a fare delle nuove amicizie. Ma sai essere anche una persona solare e piena d’allegria! Nella nostra grande famiglia sei una pedina importante ed insostituibile: la tua generosità con i tuoi fratelli e amici non ha davvero uguali. Inoltre, sei una persona molta umile e questa, credimi, è una dote davvero importante anche se a volte ti ha frenato dal poter esprimere tutte le tue potenzialità.
Ci mancherai ai pranzi della domenica quando tutta la famiglia si riunisce. E soprattutto mi mancherà prepararti il tuo pasto pre-partita: riso con ricotta e una fetta di dolce. Non c’era verso di farti mangiare il mio pasticcio: mangiare le stesse cose era come un piccolo gesto scaramantico, proprio come arrivare insieme alle partite un’ora prima. Ora che non ti avremo più qui con noi ci tengo a farti sapere che io sono sempre con te, faccio il tifo per te e che stravedo per te.
Con tanto affetto,
la tua tifosa numero uno, la tua mamma.
L'articolo e' pubblicato sul numero di ottobre 2010 di Pallavoliamo @
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