Cuore di Mamma: Carolina Costagrande
Cara
Carolina,

E
come potrei dimenticarmi quella data? Eri appena tornata e avevi in
programma di passare il tuo compleanno qui con tutti noi. Un giorno è
arrivata la notizia che l'Italia aveva ricevuto la la wild card per
il Gran Prix e tu per diversi giorni non sapevi che fare: ritornare
in Italia per poterti allenare, o rimanere e passare un po' di tempo
insieme alla tua famiglia? Ricordo che ero in cucina e che ti sei
messa dietro alle mie spalle e mi hai detto che avevi deciso di
partire. Io ti ho detto semplicemente “vai”, perché avevo capito
che quello era che volevi fare e ciò che contava di più per te in
quel momento! E visto il risultato che avete ottenuto, è stata la
scelta giusta! Ho visto tutte le partite, svegliandomi alle tre del
mattino e senza riuscire poi a tornare a letto per la troppa
adrenalina.
Indossare
la maglia della nazionale e vincere un torneo così importante penso
che sia il sogno di ogni giocatrice e io l'ho vissuto con te. Ormai
mi conosci: quando ti guardo giocare ho occhi solo per te. Se devo
essere sincera però, nonostante siano ormai tanti anni che seguo la
pallavolo, non capisco molto il gioco: non so nulla di schemi o di
tabellini; quello che guardo io sono le emozioni che provi mentre sei
in campo e in qualche modo le sento anche io. Tra di noi c'è infatti
un legame speciale: sei stata la mia prima figlia e, senza fare
differenze con gli altri, tra la madre e la primogenita si crea
sempre un legame speciale. La nostra fortuna è che questa relazione
unica si è mantenuta e rafforzata nel tempo e per questo sembra che
spesso pensiamo e proviamo le stesse cose: è come se tu fossi un
prolungamento di me. Ci assomigliamo in tante cose anche se tu hai un
carattere più docile del mio. Io sono decisamente più esplosiva, ma
entrambe crediamo nei valori della famiglia, nell'affetto e viviamo
le cose in maniera viscerale. Quello che ammiro di più in te però è
un'altra cosa: il tuo spirito di dedizione, lo sforzo e l'impegno che
metti nel perseguire i tuoi sogni e che ogni volta mi fa emozionare.
Anche adesso, solo a pensarci, mi riempe il cuore di orgoglio! La tua
determinazione nell'allenarti con costanza giorno dopo giorno, anno
dopo anno, successo dopo successo è una cosa che ammiro tantissimo
in te, perché so quanto sia difficile cambiare squadra, inserirsi in
un nuovo gruppo, affrontare un infortunio o un momento di forma non
proprio positivo. E tu hai sempre dimostrato una grandissima forza in
questo: penso di non averti mai sentito dire “oggi non ho voglia di
allenarmi” o di vederti giocare senza voglia! Sono sicura che una
tale devozione verso ciò che fai è indice di una personalità
davvero unica, anche perché sono tantissimi anni che sei sui campi
da gioco!
Ricordi
il tuo debutto “ufficiale”? Era un torneo di mini volley in una
cittadina a circa 50 chilometri da Trebol al quale partecipavano
tantissimi bambini. Tu avevi sette anni e avevi iniziato da poco a
giocare a pallavolo: sino a quel momento avevi praticato il tennis e
anche con ottimi risultati! All'epoca eri piccola di statura, molto
magra e sinceramente pensavo che la pallavolo non fosse proprio lo
sport più adatto a te. Quel giorno al torneo, ho però capito che
tra te e questo sport c'era un'alchimia speciale. Impossibile non
ricordare te in campo che andavi avanti ed indietro cercando di
colpire il pallone: era una scena davvero buffa da guardare, ma allo
stesso tempo ero preoccupata che prima o poi ti potessi stancare e
mollassi tutto. E invece no: tu lì in campo ti stavi davvero
divertendo e ti impegnavi davvero tanto. Non puoi immaginare quanto
mi hanno sorpreso le parole di Mario Martini quando quel giorno è
venuto a parlare a me e tuo padre dicendo queste esatte parole: “le
devo dire una cosa. Qualsiasi cosa Carolina decida di fare, giocare a
pallavolo, a tennis o un altro sport, lei lo farà bene perché ha
davvero molto talento”.
Non potevo infatti credere che un tecnico che ti aveva visto giocare
solo poche volte, potesse avere così tanta considerazione di te e
fiducia nelle tue capacità. Le cose si fecero serie pochi anni dopo
quando Mario decise di portarti al ritiro della nazionale. Tu stavi
giocando un torneo importante e quindi mi aveva chiesto di non dirti
niente fino al giorno successivo. Quando te lo abbiamo detto pensavo
che non avresti accettato: in fondo, Buenos Aires era a quasi 500
chilometri di distanza ed ero sicura che ti avrebbero richiamato
l'anno successivo; non c'era fretta! Ma tu invece ha detto subito che
volevi provarci! Quando ti abbiamo portato i tenici ci spiegarono che
si sarebbe trattato solo di una settimana, ma l'idea di lasciarti là
mi riempiva gli occhi di lacrime! Questa prima “separazione” era
infatti una prova sia per te che per me, ma mi rassicurava il fatto
che fossero solo sette giorni. Forse non ti avrei lasciato se avessi
saputo che quella settimana si sarebbe trasformata poi in un tour di
quasi un mese! Avevi fatto colpo sui tecnici e quello che più
contava per me è che ti vedevo contenta di quello che stavi facendo!
È stato soprattutto per questo che ho accettato quando hai deciso di
firmare per il Boca Junior. Se devo essere sincera, all'inizio ero
davvero preoccupata: tu avevi appena 16 anni e La Boca è un
quartiere molto particolare di Buenos Aires, dove l'unico elemento
che accomuna le persone è la maglia del club. È come se fosse uno
scudo e quindi tutti mi dicevano che ti avrebbe protetta; e così è
stato! Inoltre, grazie a quell'esperienza, si sono aperte per te le
porte dell'Italia: Claudio Cuello, il tuo allenatore al Boca, era
sicuro che fosse il momento di fare il salto di qualità, e
nonostante tu avessi un problema al ginocchio e tante proposte anche
dal Brasile, hai deciso di andare a Palermo con tua nonna e hai
letteralmente conquistato tutti in Italia.
È
qui, nella terra dei tuoi avi, che ti sei trasformata in una vera
campionessa; ed è qui che hai finalmente espresso tutto il tuo
potenziale. Non saprei davvero scegliere il momento più bello della
tua carriera italiana: certo, il primo scudetto con la Scavolini
Pesaro è stata un'emozione grandissima; ma sinceramente, quella
stagione la ricorderò per un'altra cosa: indipendente dal fatto che
tu avessi vinto o no quel trofeo, sentivo che come giocatrice avevi
finalmente trovato il giusto equilibrio, il giusto posto e il giusto
ambiente per esplodere. Quel successo è stata una semplice
conseguenza di quel connubio perfetto; prima di allora sembrava
sempre che ti mancasse qualcosa, che ci fosse sempre qualcosa che ti
ostacolasse. In quel primo scudetto, invece, ho sentito che
finalmente stavi bene con te stessa e che eri pronta per fare grandi
cose! Sei una persona davvero forte, e anche se non me lo dicevi,
sono sicura che anche tu hai dovuto affrontare dei momenti difficili
a causa di infortuni o quando non riuscivi a giocare come volevi.
Come madre è doloroso sapere di non poter stare al fianco della
propria figlia in questi momenti, e diciamo che quel messaggio che ti
mando sempre prima di ogni partita è il mio modo per sentirti più
vicina! Un messaggio corto, forte, ma che esprime quello che provo e
quello che desidero per te: che tu riesca a trovare la tua strada
anno dopo anno; che realizzi i tuoi obiettivi; che concretizzi i
tuoi sforzi e, indipendente dal risultato, che tu riesca a vivere al
meglio questi giochi olimpici. E questo perché ammiro la tua
determinazione, il tuo spirito e perché sei una parte di me.
Ti
voglio bene,
la
tua mamma
Mercedes
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