Lettera a Marta Bechis
Cara Marta,
dopo gli ottimi risultati, gli importanti traguardi e le conferme ottenute nella passata stagione ad Urbino, eccoti qui nuovamente a Novara, nella squadra che ti ha reso una giocatrice professionista e alla quale è legato il mio ricordo più bello della tua carriera. Come ben sai, io non sono mai stata una sportiva e quindi, da semplice spettatrice, inizialmente non riuscivo a rendermi conto delle tue reali possibilità. Poi, nel 2008, quando tu giocavi nell'Asystel Novara,tutto mi è diventato chiaro. Quella stagione, eri stata convocata come seconda palleggiatrice nella partita di Champion League contro Murcia. Berg era l’alzatrice titolare, e Brdjovic ti aveva portato come seconda. Stavate perdendo, e così l’allenatore ha deciso di mandarti in campo: quella che pensavo fosse una cosa momentanea, si è trasformata nella chiave vincente del match: sei rimasta in campo fino alla fine e vi siete riprese alla grande, finendo col vincere la partita. È stato in questa occasione che ho capito che potevi farcela a fare qualcosa di importante in questo sport. Quella partita ha cambiato un po’ ogni cosa: la tua carriera, i tuoi studi e le aspettative di noi tutti.
In realtà, io credevo che tu avresti seguito le orme di tua sorella e tuo fratello maggiori: una laurea e poi un lavoro inerente agli studi. Sin da piccola infatti, hai sempre osservato Elisabetta e Michele molto attentamente e volevi fare tutto quello che facevano loro. È così che sei approdata alla pallavolo, ricordi? Tua sorella giocava e quindi anche tu ti sei avvicinata a questo sport anche se nella ginnastica artistica già disputavi competizioni a livello nazionale. Ad un certo punto però stavi crescendo troppo e stavi diventando troppo alta. Vuoi sapere la verità? Da una parte sono stata sollevata dalla tua decisione: ogni volta che ti vedevo gareggiare ero spaventatissima perché facevi dei movimenti stranissimi e pensavo “ora si spacca!”. Sei sempre stata molto portata per gli sport, ma nella pallavolo è stato impressionante il salto qualitativo che hai fatto nei primi anni. All’inizio giocavi con le ragazze della tua età, ma poi sei stata passata subito ai gruppi più alti: in pratica eri sempre la più piccola e ti consideravano un po' la loro mascotte. Ricordo, per esempio, che avevi una compagna che era già ginecologaquando tu avevi solo 13-14 anni. Per questa differenza d'età, ti coccolavano un po’ tutte ma allo stesso tempo ti rispettavano perché eri pur sempre la loro palleggiatrice e avevi le redini della squadra in mano. Nonostante tutto, comunque, riuscivi sempre ad avere un ottimo rapporto con tutte. Come con i fratelli, hai sempre avuto persone più grandi intorno che in qualche modo ti hanno aiutata a maturare e a diventare la straordinaria persona che sei ora, nella vita e nella pallavolo.
Ma dietro le vittorie, i riconoscimenti e la felicità, qualche lacrima abbiamo dovuta versarla: la pallavolo, come la vita, non è fatta solo di gioia ed applausi. Quando sei andata a Novara la prima volta, per esempio, non è stato per niente facile vederti partire. All’epoca non avevi neppure 16 anni, e io avevo tanti dubbi e paure: dare il consenso per quella nuova situazione mi è costato davvero molto anche perché era la prima volta che ti allontanavi da casa e sapevo che anche a te, in fondo, dispiaceva. Ma la cosa più terribile per me era che quel distacco mi lasciava un grande vuoto. Tra di noi, infatti, c’è sempre stato un ottimo rapporto e anche adesso mi piace tanto passare del tempo con te anche solo per un caffé. Tu mi racconti molto della tua vita: le cose che vanno e quelle che non vanno, le tue emozioni, i tuoi stati d’animo e le tue preoccupa- zioni. Con me ti lasci andare e fai emergere la tua parte più emotiva, forse perché anche io caratterialmente sono così. Con tuo padre sei più razionale e tecnica. E come potrebbe essere altrimenti? Basta dire che in casa è lui quello più professionale e che controlla i tabellini delle tue partite.
Io gioco più sulle emozioni e così riesco ad essere più tranquillizzante e meno critica nei tuoi confronti. In verità, quando ti vedo giocare sono sempre terribilmente agitata: ho bisogno che inizi la partita per calmarmi un attimo. Come ogni genitore, infatti, vorrei che non tu non sbagliassi mai, che fossi sempre perfetta e che non soffrissi per gli errori che hai fatto o per quello che non sei riuscita a fare. Quindi, man mano che il gioco va avanti, mi tranquillizzo, ma nel momento in cui perdi, chiaro, che ho un’angoscia terribile. Poi quest’anno, almeno ad inizio stagione, sembrava che il nostro messaggio portafortuna non funzionasse più a dovere! È da due anni che prima di una partita ti chiamo per dirti soltanto “in bocca al lupo”. Lo so che non è molto originale, ma queste semplici parole la scorsa stagione avevano un valore positivo enorme… Spero che anche quest’anno ti sia d’aiuto! A parte la scaramanzia, fortunatamente in campo tu riesci a camuffare bene questo tuo lato più emotivo e sai sempre mettere la giusta dose di grinta.
Ma ad accomunarci di più non è l’emotività. Mi riconosco molto nel tuo gusto e raffinatezza. Essendo stata un’insegnante di storia dell’arte sono molto attenta a queste cose, e apprezzo molto le tue scelte, per esempio, nell’arredare le case che hai dovuto costantemente cambiare stagione dopo stagione: è incredibile come tu riesca sempre a trovare la giusta cosa per dare un tocco personale ad una stanza e sentirti in armonia con essa. Questa tua attenzione per i piccoli dettagli dimostra la tua grande femminilità e sensibilità. Anche in questo ci assomigliamo molto. Inoltre, sei una ragazza che di primo acchito non dà l’idea di una che ti vuole aggredire: al contrario, emani una grande dolcezza, soprattutto nel tuo relazionarti con gli altri. Sia in campo che nella vita di tutti i giorni. Tu, infatti, sei sempre molto attenta ai rapporti con chi ti circonda: sei cosciente che gli altri esistono e che bisogna dare credito a tutti. Per questo ti auguro di poter incontrare sulla tua strada persone che sappiano apprezzare e dare valore a tutte le tue potenzialità, non solo sportive ma anche umane. Che credimi, sono davvero tante!
Con tanto affetto, la tua mamma
La foto di testata è di Michele Poggi ed è pubblicata su Pallavoliamo.
L'articolo originale, assieme alla foto di testata, è pubblicato sul numero di marzo 2011 di Pallavoliamo
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