Hooker: un'occasione mancata
8 dicembre 2010 - 11 marzo 2011. Sono queste le due date che possono riassumere il “caso” Hooker. Facendo due rapidi calcoli, l'avventura nella massima serie italiana di Destinee Hooker è durata appena tre mesi. La giocatrice americana, infatti, reduce dai Mondiali in Giappone, ha chiesto ed ottenuto dalla squadra italiana la possibilità di unirsi alle sue nuove compagne solo a dicembre. Visto il bottino incredibile di punti (76) siglati ai Mondiali in Giappone, a Pesaro tutti l'aspettavano come l'erede di Carolina Costagrande. E così è stato almeno all'inizio. Premiata come MVP nella partita di Supercoppa contro Villa Cortese, Destinee ha stregato tutti con la sua elevazione e la sua potenza. Era il 21 dicembre. Per le vacanze, DD è ritornata per un breve periodo negli States: le mancava troppo la sua famiglia. Intanto, sulle sue pagine di Facebook e di Twitter iniziavano a trasparire i primi segni di insofferenza: count down sempre più frequenti, pianti in palestra, dolori al ginocchio e un desiderio neanche troppo nascosto fare ritorno in Porto Rico per la prossima stagione...fino all'arrivo del pastore Hooker in Italia per stare accanto alla figlia in un momento difficile. Mentre l'atleta interrompeva il contratto con i suoi procuratori, l'infiammazione al ginocchio sembrava inoltre aggravarsi ogni giorno di più: dopo la strepitosa partita contro il Voléro a Zurigo, Destinee ha iniziato una serie di visite per constatare le sue condizioni. Gli esami eseguiti da uno specialista e dai medici della società pesarese hanno decretato che le condizioni fisiche dell'atleta non erano però tali da giustificare un'operazione. Ma Hooker non era di questo avviso. Dopo aver detto su Twitter di non condividere l'idea della società di farla giocare in quelle condizioni solo per ottenere una vittoria e dopo aver reso noto che lei dei medici italiani proprio non si fidava, DD ha sentenziato che ad ogni costo si farà operare negli States. Detto e fatto. La mattina dell' 11 marzo, Destinee, senza un preavviso, senza un saluto ai dirigenti, alle compagne o ai tifosi, si è imbarcata sul primo aereo disponibile per far ritorno negli Stati Uniti. Nessuno sa se e quando tornerà, se si è già fatta operare e se lo farà. L'unica cosa certa è che Destinee ha lasciato la sua squadra una settimana prima della storica partecipazione alle finali di Champions League e che la sua “fuga” ha lasciato nei cuori dei tifosi di Pesaro un misto di rabbia e delusione. Basta leggere i toni dei messaggi lasciati dai Balusch sul loro forum per capire lo stato d'animo di coloro che hanno accolto Dee come la loro “stella”. Tante sono anche le ipotesi su questa scelta “sconsiderata” della giocatrice: i più sentimentali parlano di un'insopportabile mancanza da casa; i più maligni di un ingaggio più alto; i più cospiratori sottolineano una strana e preoccupante coincidenza: il nuovo presunto procuratore di Dee è anche il rappresentante di altre undici giocatrici del Baku, prossima avversaria della Scavolini proprio nelle semifinali di Champions. Intanto, il presidente Sorbini fa sapere, su una discussione di Facebook, che la società pesarese ha cercato in tutti i modi di tranquillizzare DD sul suo ginocchio e che, nel caso ci ripensasse, sarebbe la benvenuta alle Final Four di Istanbul con tutta la sua famiglia. Meno comprensivo è invece il presidente della Lega Volley Mauro Fabris che si dice vicino alla società pesarese e chiede agli organi della CEV e della FVB di prendere dei seri provvedimenti.
Questi, cara Destinee, sono i fatti. Ma in questa vicenda, c'è dell'altro.
Ti scrivo queste parole non tanto come tifosa di Pesaro, ma come una grande amante della pallavolo. E come tale, devo ammettere che il tuo comportamento mi ha molto delusa. Quando sei arrivata a Pesaro, ricordo che sei stata presentata a noi giornalisti come una campionessa. Mi dispiace ammetterlo, ma questa tua fuga, qualsiasi siano le ragioni, non si addice proprio a un CAMPIONE sportivo. Per quello che posso dire, per me una Campionessa, con la C maiuscola, non è certamente un'atleta che abbandona la propria squadra a metà campionato e prima di un evento importante; una Campionessa non è una giocatrice che lascia le sue compagne e i suoi tifosi senza nemmeno un saluto, fuggendo all'alba come per nascondere qualcosa. No, una Campionessa non si comporterebbe mai così: darebbe invece tutta se' stessa per un grande e comune obiettivo nonostante le difficoltà; pur non potendo giocare, starebbe vicino alle sue compagne; e soprattutto, metterebbe lo sport che ama davanti a tutto. Forse nessuno saprà mai quale siano state le vere ragioni di questa tua fuga, e sinceramente, penso che non sia neppure importante saperlo . Quello che conta, invece, è stata la tua decisione di lasciare la tua squadra, le tue compagne e i tuo tifosi a pochi giorni da un evento importante come le finali di Champions League. Questo proprio non riesco a capirlo. Hai sempre detto che il tuo obiettivo più grande come atleta era quello di poter partecipare alle Olimpiadi di Londra nel 2012. Non pensi che la Champions sarebbe stato un palcoscenico ideale per la tua candidatura? Inoltre, la Scavolini Pesaro è una delle squadre più vincenti di questi ultimi anni nel campionato italiano: indossare i colori bianco-rossi avrebbe potuto certamente dare lustro alla tua carriera e mettere in risalto il tuo talento, che credimi è davvero tanto. Tuttavia, come i veri campioni ci hanno insegnato, il talento non conta niente se dietro non c'è il cuore; la sola bravura non basta se non supportata dalla determinazione e dalla devozione verso lo sport. E tu, fuggendo, non ci hai messo nulla di queste cose. Nei tuoi post parli spesso di fede e di preghiere. Bene, vorrei chiudere anche io con una preghiera nei tuo confronti: prego che un giorno tu possa trovare una squadra e una famiglia come quella che hai lasciato a Pesaro; prego che un giorno, tu capisca il grave gesto che hai commesso nei confronti della tua società e di tutti quei giovani che ti vedevano come un modello; prego infine che un giorno tu possa ritrovare la passione per la pallavolo, che in questo momento sembri aver smarrito e che ti possa (ri)-innamorare di questo sport che noi tutti amiamo.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di marzo 2011 di www.pallavoliamo.it
Questi, cara Destinee, sono i fatti. Ma in questa vicenda, c'è dell'altro.
Ti scrivo queste parole non tanto come tifosa di Pesaro, ma come una grande amante della pallavolo. E come tale, devo ammettere che il tuo comportamento mi ha molto delusa. Quando sei arrivata a Pesaro, ricordo che sei stata presentata a noi giornalisti come una campionessa. Mi dispiace ammetterlo, ma questa tua fuga, qualsiasi siano le ragioni, non si addice proprio a un CAMPIONE sportivo. Per quello che posso dire, per me una Campionessa, con la C maiuscola, non è certamente un'atleta che abbandona la propria squadra a metà campionato e prima di un evento importante; una Campionessa non è una giocatrice che lascia le sue compagne e i suoi tifosi senza nemmeno un saluto, fuggendo all'alba come per nascondere qualcosa. No, una Campionessa non si comporterebbe mai così: darebbe invece tutta se' stessa per un grande e comune obiettivo nonostante le difficoltà; pur non potendo giocare, starebbe vicino alle sue compagne; e soprattutto, metterebbe lo sport che ama davanti a tutto. Forse nessuno saprà mai quale siano state le vere ragioni di questa tua fuga, e sinceramente, penso che non sia neppure importante saperlo . Quello che conta, invece, è stata la tua decisione di lasciare la tua squadra, le tue compagne e i tuo tifosi a pochi giorni da un evento importante come le finali di Champions League. Questo proprio non riesco a capirlo. Hai sempre detto che il tuo obiettivo più grande come atleta era quello di poter partecipare alle Olimpiadi di Londra nel 2012. Non pensi che la Champions sarebbe stato un palcoscenico ideale per la tua candidatura? Inoltre, la Scavolini Pesaro è una delle squadre più vincenti di questi ultimi anni nel campionato italiano: indossare i colori bianco-rossi avrebbe potuto certamente dare lustro alla tua carriera e mettere in risalto il tuo talento, che credimi è davvero tanto. Tuttavia, come i veri campioni ci hanno insegnato, il talento non conta niente se dietro non c'è il cuore; la sola bravura non basta se non supportata dalla determinazione e dalla devozione verso lo sport. E tu, fuggendo, non ci hai messo nulla di queste cose. Nei tuoi post parli spesso di fede e di preghiere. Bene, vorrei chiudere anche io con una preghiera nei tuo confronti: prego che un giorno tu possa trovare una squadra e una famiglia come quella che hai lasciato a Pesaro; prego che un giorno, tu capisca il grave gesto che hai commesso nei confronti della tua società e di tutti quei giovani che ti vedevano come un modello; prego infine che un giorno tu possa ritrovare la passione per la pallavolo, che in questo momento sembri aver smarrito e che ti possa (ri)-innamorare di questo sport che noi tutti amiamo.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di marzo 2011 di www.pallavoliamo.it
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