Angelica Gentili

Ci sono alcuni sogni talmente grandi da sembrare irraggiungibili; talmente inarrivabili da non poterli neppure chiamare “sogni”. Chi penserebbe, infatti, dopo 15 anni di pallavolo giocati tra serie C e serie B2, di arrivare ad indossare la maglia della Scavolini Pesaro in serie A1? È questa la storia di Angelica Gentili, capitano della Scavolini Montecchio, società pesarese che milita nel campionato di serie C. “Non posso dire che giocare in serie A fosse un sogno nel cassetto perché non me lo immaginavo neppure di poter calcare quei campi. Certo, è stata una soddisfazione grande, ma non era un mio sogno perché semplicemente lo vedevo come impossibile”. L’inaspettata convocazione tra le fila delle campionesse d’Italia è arrivata tramite un messaggio su Facebook da parte di un’ex Colibrì, Giorgete Mengarda. “Gio mi ha mandato un email su Facebook, chiedendomi se ero disponibile a partire con la serie A per delle partite di Champion perché c’era bisogno di una dodicesima giocatrice. Ricordo che ero vicino a mia madre e stavamo guardando delle foto: appena ho letto l’email, l’ho presa in braccio dalla felicità. Ho risposto subito che ero disponibilissima e l’avevo anche ringraziata per aver pensato a me. Lei mi ha risposto che a tempo debito, Pedini, il team manager della Scavolini Pesaro serie A, mi avrebbe contattato e mi avrebbe aiutato con le pratiche burocratiche. E così è stato. La settimana dopo ho ricevuto una chiamata da Pedini che mi diceva “Angelica Gentili, sei stata convocata per Baku”. E così, nel giro di un click, Angelica è stata catapultata nel mondo delle big.

“In due anni che ho giocato a Montecchio, ho avuto una tuta e due magliette. In 10 minuti alla Scavolini Pesaro, mi hanno dato un borsone con 5 tute, 10 magliette, ginocchiere, giacca a vento, calzini, calzoncini, e le maglie da gioco con dietro il mio cognome”.
Ritirata la divisa, la nuova giocatrice bianco-rossa era pronta per la partenza. “La mia preoccupazione maggiore non era la partita, perché tanto sapevo che non avrei giocato. Quello che mi terrorizzava era il primo impatto con le giocatrici. Avevo paura della loro reazione e del momento della presentazione. Quando sono arrivata per la partenza alle 5 del mattino, erano già tre o quattro. Ricordo che c’era Pedini che mi ha presentato alla De Gennaro e alla Pascucci. Poi è stato il momento dell’incontro con Tofoli, mio compaesano, dato che anche lui è di Fano. In realtà, il saluto iniziale è stato un po’ freddo perché alle 5 eravamo un po’ tutti addormentati: il viaggio lo abbiamo fatto tutte dormendo. Ho scambiato solo due parole a colazione con Martina Guiggi e poi con Francesca Mari mentre stavamo prendendo l’aereo. Ma il giorno dopo è andata decisamente meglio. È infatti bastato il primo pranzo insieme e si è creato subito un bel rapporto. Mi sembrava di essere con le ragazze della mia squadra o con persone che conoscevo da sempre. Già dal secondo giorno, infatti, tutte mi chiamavano con il diminutivo. In questo modo mi sono subito sentita parte della squadra e a mio agio”.

Passato lo scoglio del primo incontro con alcune delle giocatrici italiane ed internazionali più forti del campionato, il numero 11 della Scavolini si è immersa nella routine di una squadra di serie A: “ io seguivo i loro ritmi e cercavo di fare tutto quello che facevano loro. Eccezione fatta per i pesi! Dato che il preparatore atletico non mi poteva seguire più di tanto ho saltato”. Anche se non è stato sempre facile seguire le Colibrì in tutto e per tutto. Per Angelica era infatti un’esperienza del tutto nuova e quindi non sono mancati dei piccoli imprevisti.” Il giorno dello screening del video, ci hanno dato un foglio con tutti nomi delle giocatrici avversarie. Mentre l’allenatore e lo scout parlavano, tutte si sono a messe diligentemente a prendere appunti. Io non avevo neppure la penna! L’ho dovuta rubare ad una mia compagna di squadra. Poi, negli spogliatoi prima della partita, tutte ripassavano e io non avevo scritto niente”. Altro momento memorabile è stato poi quello del riconoscimento, che Ado descrive addirittura come “scandaloso”. “In serie C, e nelle serie minori, è un momento ufficiale con l’arbitro che controlla i documenti e controlla ogni singola giocatrice. In serie A è tutta un’altra cosa. Mi hanno detto che spesso neanche lo fanno! A Baku, quando hanno chiamato il mio nome, Pedini mi ha detto: “Angy, saluta all’arbitro”. E io ho semplicemente salutato. Oppure, “Marty, fatti vedere”, e iI riconoscimento era fatto. Non me lo aspettavo minimamente”. Dopo le varie visite ufficiali, gli allenamenti e i video, è finalmente arrivato il momento tanto atteso: quello della partita. “Quando ho messo piede nel palazzetto per la prima volta, tremavo tutta: le telecamere, lo schermo gigante. Mi ha fatto un certo effetto entrare in campo. Ma la paura iniziale è passata quando ho iniziato a palleggiare perché le ragazze mi hanno fatto sentire subito parte della squadra. Peccato che quando pronunciavano i nomi non si capiva nulla a causa dell’accento e quindi non ho avuto l’emozione di sentire il mio nome pronunciato dallo speaker”.

Pur non essendo entrata in campo – “anche se c’è stato un momento del match nel quale Tofoli ha guardato verso di me per fare un cambio” – Angelica ha vissuto in prima persona l’emozione di calcare un palco internazionale come quello della Champion League. E diciamo che si è calata talmente bene nella parte della giocatrice professionista, che si è concessa anche un piccolo “bagno di folla”. “A fine partita io e Marija stavamo tornando nello spogliatoio e delle persone ci hanno fermate. Mi sono sentita dire “Gentili, Gentili” e, quando ho visto che volevano delle foto con me, non mi sono lasciata sfuggire l’occasione di farmi fare due scatti con delle “fan”. Mi ha fatto strano perché non mi era mai capitato…ma devo essere sincera: mi sono calata bene nella parte. So che non mi capiterà più e quindi, almeno una volta nella vita volevo provare questa sensazione”. L’esperienza ha permesso inoltre ad Angelica di stare a stretto contatto con delle professioniste, dandole la possibilità di osservare come queste vivono una trasferta e si preparano ad una partita. “Facendo il confronto con la serie C in cui io gioco, mi ha colpito molto la loro professionalità. Quando siamo salite sull’autobus per andare dall’hotel al palazzetto, ognuna ha preso il proprio posto e nel tragitto nessuno fiatava: erano tutte concentrate sulla partita che dovevano giocare. Appena sono tornata, l’ho riportato anche alle mie compagne di squadra dicendo loro che bisognerebbe stare più tranquille e più concentrate prima di un match. Da noi, infatti, quando andiamo a fare le trasferte è tutto più caotico e invece ho capito quanto sia importante concentrarsi. Poi, ho avuto l’onore di stare in camera con Manon Flier. È una vera professionista ed è stato utile vedere come gestiva il suo tempo al di fuori del campo: in palestra lavorava davvero sodo e sfruttava ogni momento di pausa per riposare. Poi mangiava molto sano: tanto, ma davvero sano ”.

Un’esperienza davvero unica per chi come Angelica ama la pallavolo: “alcuni miei amici che non giocano, forse non hanno capito l’importanza di questa convocazione. Ma per quelle persone come me, per le quali la pallavolo non è solo uno sport ma una passione, questa è un’esperienza che rimarrà sempre nel cuore”. E non importa se questa dovesse essere la prima e ultima volta che Angelica giocherà assieme a Guiggi, Ferretti e Flier: quei cinque giorni a Baku rimarranno comunque un’esperienza unica. E quella maglia numero 11, con “Gentili” stampato a grandi lettere, le ricorderà sempre, che a volte, anche i sogni più irraggiungibili possono diventare realtà.

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